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Acchiappa il Vesuvio!

Quel pomeriggio il Vesuvio sembrava sbucare da un pacco d’ovatta.
La punta scura spiccava fuori dalle nuvole bianche a mo’ di sputnik, come se volesse lasciare le sue radici terrene e volare verso lo spazio. Ma il lancio restava vano, perché le nuvole, tutte raccolte alla sua base, lo tenevano incatenato alla terra.
Era un sabato pomeriggio ancora silenzioso prima che mangiatori e bevitori riempissero le strade del centro, per lo più facce e voci addormentate nel caos, che non avevano nemmeno colto quell’imponente sagoma a cielo aperto. Da quell’ora pomeridiana, fino a quella in cui avrebbero trangugiato ogni ben di Dio, quell’immagine avrebbe cambiato forma e colore, ma il loro mancato dinamismo interiore aveva spento i sensori. Per loro quell’eco che si sforzava di dire: “Acchiappa, acchiappa il Vesuvio”, restava muta: due cuori a confronto; uno era quello di Dio, l’altro era quello dell’uomo.

Altro giro altra corsa

Insieme alle mie case, mi sembra di stare smontando e rimontando anche le mie opinioni e i miei sorrisi sulla vita.
Tutti i cambiamenti si insinuano non solo nella praticità del divenire, ma coinvolgono ciò che chiamiamo interiorità e che, ormai, con la vita che conduciamo è una parafrasi della “vera” esistenza e viene bagnata da continue costruzioni illusorie, perché non sappiamo più cosa sia, mentre lasciamo che ci sfugga dalle mani come un capitone. Salvo poi a rincorrerla su tragitti sbagliati.

Approdo

Ogni giorno mi sveglio e dopo essermi connessa con quella parte di me che proviene da un posto in cui Spirito e Materia sono una cosa sola, cerco di capire come posso ottimizzare la mia esistenza nel rapporto con lo spazio, col tempo, le persone, gli oggetti, le idee, i pensieri. Tentare di non sprecare quelle risorse che l’intuito mi mette a disposizione, provocare le giuste azioni con tempi giusti e, possibilmente, in spazi adeguati alla mia anima diventa per me di primaria importanza per procedere nella giornata con vigore.

Ho iniziato questo percorso molti anni fa, scegliendo più che di avere, di “non avere” se non le cose e le persone adatte alla mia anima. Lei è quello spazio in cui c’è tutto quello che mi serve, insieme all’esatto racconto di me stessa, una specie di impronta indelebile segnata dai tragitti di quella libertà per cui ho iniziato molto presto a dire “No” o “Sì’”. Talvolta ho messo un po’ di tempo, per rispondere in modo appropriato  come quando si perlustra la zona prima di tuffarsi in mare, ma una volta in acqua ho sempre nuotato felice anche in mezzo alla tempesta!

A basso costo

È lì davanti a quella scatola da ore senza accorgersi della morsa in cui sono costrette le sue vene cerebrali e il suo fegato ingrossato. Ogni pubblicità deflagra dentro di lui come un bolide che scorre su una sola rotaia: desiderio di benessere, di quell’anch’io dentro un sistema che depaupera giorno dopo giorno le sue ricchezze materiali e culturali, che irrompe su quella faccia da idiota che sta pubblicizzando un supermercato a basso costo.
Ma, ormai, l’essere umano non riesce più ad elevare il “suo” costo personale dove c’era ancora qualche accenno a quella bella e forte immagine che applaudiva e incitava le sue potenzialità. Questo spaccio è ormai morto, strumentalizzato da una demagogia di potere e anch’esso finito in un supermercato a basso costo, tra tanta merce per una platea che, per lo più, mangia e dorme.
Basta vedere che fine hanno fatto Einstein e Robespierre: uno a spasso in un centro commerciale e l’altro gettato su una lavastoviglie.

A Sera

Quando cala la sera e la notte si incammina a scoprire le anime, solo il cuore ricco di vita non ha paura del silenzio. Ma se questo cuore non ha retto all’ansia del giorno e ha paura del domani, allora, la lana bianca della luna si stinge di dolore e invecchia sotto le ali imperiali dell’effimero tempo, in cerca di stragi mai vendicate nel cerchio del futuro.

Ma quando cala di nuovo la sera e la notte apre il varco alle stelle d’argento, esse stingono quel sangue assetato di dolore, che non vivrà nemmeno negli anfratti di una roccia annerita dalla pelle dei corvi assetati di sciagure.
E di queste sciagure l’intero Universo abbraccerà il dimenarsi nella brace di un fuoco ardente che, inghiottendole, rinascerà a nuova vita nelle braccia di Eros.

E a questo Dio, l’uomo, ritornato bambino, darà la mano per andare in quella terra dove cuore, notte e anima saranno racchiuse in un solo spirito di pace.

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A tavolino con l'anima

“Un giorno mi sono trovata, così per caso, o forse no, a tavolino con l’anima, una di fronte all’altra. Lei mi guardava, io la guardavo. Restammo in silenzio per un bel po’. Ero molto giovane, la sentivo, ma non la capivo. Allora me ne andai e passai a un altro tavolino, quello dove c’era la mente a guardarmi. Mi chiese:

“Sei qua per capirmi?”
“Sì.”, risposi. Lei sorrise benevolmente e mi disse:

“Per capire me, devi andare prima dall’anima, sarà lei a farti comprendere bene cosa ho da dirti! Se non fai questo passo, tutto ciò che io ho da mostrarti, potrà risultare ingannevole e portarti su un terreno senza ritorno.”

Abbondanza

Anche oggi sono piena di parole, stanno per uscire cercando il loro giusto posto per raccontare storie e pensieri di ogni tipo. Una voluminosa cascata che non so dove mi porterà. Per non farle tracimare in modo confuso devo seguire il loro fiuto e attaccarmi al loro sapiente corso che va verso la meta. Mi sento come un loro suddito, felice di questa condizione, che non recrimina, perché sa che il suo padrone, le parole, lo porteranno in un posto dove regnano armonia e vigore.

Ogni attimo di questo percorso è per me come una preghiera che otterrà la conquista della pace assoluta nel tempio eterno della Bellezza.  

Acqua pulita

Quando ti accorgi che stai per diventare preda di qualcuno, senza titubanze, devi toglierti dalla sua traiettoria. Non c’è bisogno di chiarimenti e disquisizioni, non servirebbero. Devi andare altrove, in un campo che sappia di buono, dove c’è l’opera di un essere umano in grado di allontanare da se stesso le ombre dell’esistenza. Ma qualora tu avessi dentro di te le stesse ombre che ha chi dovresti allontanare, il dado è tratto per un viaggio senza ritorno, dove rimarreste a sbattervi nell’oscurità da una sponda all’altra. Si tratta di scegliere.

Agglomerato urbano

Già solo sentire queste due parole messe insieme mi fa raggrinzire la pelle, riempiendola di rughe in un attimo fulmineo. Mi chiedo perché mai, fin dalla notte dei tempi, con tutto lo spazio che c’era sulla terra, l’uomo ha sentito il bisogno di accatastarsi l’uno sull’altro vivendo gomito a gomito in “agglomerati urbani”, per poi finire col non sopportarsi e, talvolta arrivare persino a uccidersi. Perché troppo spesso la realtà dei fatti è questa: “Ogni sera alla stessa ora, da quelle due finestre di fronte si sentivano gli urli di sempre e sempre tra le stesse persone… Agglomerato urbano!”

Agosto in città

Dentro la fiammata di silenzio ad Agosto in città, non ci sono più rumori, ma onde benefiche che si insinuano in ogni pietra, albero, mare, persino tra i metalli più vili e nel petto di quei pochi che, invece di andarsene, restano a parlare con tutto questo. Potersi fermare per capire quando e dove andare e quando e dove restare, come badare a se stessi tra le pietre, tra gli alberi, il mare, i metalli più vili, tra le maglie di se stessi con gli esseri umani che si sono già fermati, che già conoscono gli impulsi di un modo di vivere che sa leggere dentro il vero piacere, nel vero senso del suo respiro, di quel soffio immune da onde di massa e che insegna a non cavalcare l’onda, ma a scavalcarla e a spalancare il proprio sesto senso per dire: “Ci sono stato veramente in quella fiammata di silenzio ad Agosto in città!” .

Alchimie

Dentro di te c’è tutto: c’è la forma dell’Universo con le sue ombre e le sue luci, i suoi fluidi e le sue rocce, i suoi palpiti e i suoi silenzi, i suoi fremiti e le sue pause.
Ma tu non ci pensi e procedi ingolfato, confondendo ogni cosa in un magma caotico, una poltiglia gettata su di te a casaccio, come un’immensa biglia che ti sovrasta.
Eppure, di tanto in tanto, ti fermi ad accogliere qualcosa che senti distante, incomprensibile e troppo ignoto per la tua natura. Ma se solo trasformassi ciò che tocchi di te stesso ogni giorno, dalla semplice mano che prende, al pensiero che giunge inaspettato, ai sogni a occhi aperti, agli sguardi nel vuoto, così tanto per sguazzare nello spazio… allora sapresti che quell’Universo sei proprio tu.

Amore

Scambio di energie pulite di un corpo, una mente, un’anima con un altro corpo, un’altra mente, un’altra anima. Energie libere di assecondare l’Essenza e in questa Essenza percorrere il dinamismo di emozioni pure. PULIAMOCI TUTTI!!!

Anagrafe

La ruota dell’Anagrafe non mi ha mai spaventata e ora meno che mai. Mi piace persino vedere i segni del tempo sul mio corpo, li accolgo come memoria di me, mia mappa personale e unica, come quella di tanti altri, tutti diversi o simili, ma unici. No, decisamente non so piangere della mia vecchiaia: è la mia firma! Bella o brutta che sia è, comunque, senza menzogne, nel bene e nel male. E’ lei da sempre con me e oltre come memoria.

Anima

La nostra anima è un fuoco di inventiva e creatività. Se è immonda produce oggetti di basso profilo, pieni di ombre distorte che allarmano il cuore e ingannano la mente. Ma se è libera riesce a creare opere che evocano la Bellezza primordiale, davanti alle quali il nostro cuore torna a casa.

Apparenza

Dobbiamo stare attenti a non appartenere molto agli altri e poco a noi stessi! Slittare solo verso l’esterno sganciati dalla nostra manifattura originaria ci fa andare in giro per la vita come bandiere al vento. Sapere, invece, sentire la nostra intima essenza ci fa appartenere all’intero Universo e non solo a una sponda ristretta e nascosta.

Assurdità

Ogni assurdità ha il suo labirinto che la sostiene, i suoi contorti viali di accesso. Svelarli è una cosa complessa, ma non impossibile. Senza essere bloccati da idee fisse e preconcette, possiamo inoltrarci sulla strada della scoperta.
L’essere umano può essere oggetto di grandi manipolazioni sia nel suo microcosmo familiare che nella sua dimensione sociale. Così sottoposto a pressioni di ogni tipo, può partorire pericolose assurdità. Non spaventiamoci. Mettiamoci, piuttosto, di buon grado ad aprire i viali d’accesso per poter capire. Non confondiamoci, però, con la sindrome del buon samaritano, ma avviciniamoci piuttosto alla creatività del “genio”.
Non dico sempre, ma talvolta possiamo farcela!

Autodidatta

Avida di vita e di conoscenza camminava nella realtà con il respiro accelerato su ogni cosa, ma quel respiro non era affanno, era piuttosto il piacere di percorrersi inoltrandosi negli anfratti più reconditi del sapere.
Era così che viveva passando intere giornate, e talvolta anche le notti silenziose, entrando nella fisionomia di tutto quello che avrebbe potuto arricchire il portafoglio della mente e alimentare i battiti del cuore, dove ogni nuova scoperta appagava quella spessa avidità con cui sperimentava la vita.
Da tutti i suoni del mondo rubava le note, da tutte le parole udite discernimento, da tutte le immagini tirava dentro se stessa colori per alimentare la sua fantasia.
Così facendo dimenticava gli affanni dell’uomo comune e, guardando sempre verso l’alto, si nutriva di un tempo eterno che cancellava quello tanto effimero del trapassare.

Autodilaniamento

Vaghiamo assetati d’aria, senza che ci sia un altro Dante Alighieri a svelare la nostra asfissia, ingabbiati in un sonno di un Ade moderno. Quanto vorrei essere, invece, come il teschio di Santa Luciella che tutto ascolta, tutto sa e tutto vede. Ma mi accorgo che, più vado in giro tra la gente annegata nelle paure di quest’epoca arsa dalla manipolazione, più questo mio desiderio, per il quale mi impegno in ogni attimo dell’esistenza, col fervore di un’intellettuale antica e libera, non risiede nei miei simili. Essi amano, invece, essere ancora, quasi eroticamente, palpati da quella smania di consumo, laddove restano gli ultimi scampoli di “capitalismo” col quale leccarsi ferite che stanno per diventare piaghe.

Avvertimento

Oggi, la cosa più difficile è riuscire a riconoscere dove c’è “pulizia” dietro le azioni degli esseri umani. Dalle più insignificanti alle più incisive. Saper leggere quelle splendide note disinteressate, quei suoni puliti, è una capacità che richiede minuziosa attenzione, quasi da laboratorio. Bisogna accendere una torcia supplementare e illuminare tutte le zone d’ombra di quell’esemplare da cui provengono gesti, parole e azioni: l’inflessione della voce, lo sguardo alto o basso o a mezz’asta, la risatina isterica o rilassata… è, insomma, davvero una fatica, per cui se non riusciamo a fare questo, quando è possibile, è meglio allontanare gli esemplari di cui avvertiamo paludi interiori troppo intricate: state pur certi che scendono in campo solo per potenziare dentro di sé la forza del Male con cui vanno giro per fare altri cadaveri…
Buona ricerca o buon ritiro… Salvatevi la pelle!

Banalità

“Una catena di suoni che vengono da una grossa dimenticanza, quella di aver smesso di alimentare il cervello con quelle scintille d’ironia e sagacia, che sono in grado di far brillare il nostro salotto: la psiche.

Ma nel momento in cui ce ne ricordiamo, allora cambia persino il colore della nostra pelle, oltre che il nostro umore e la bocca non si riempie più, finalmente, di quei suoni fastidiosi che sporcano il silenzio senza chiedergli il permesso.”

Banchetto già pronto

Da uno schermo piatto di ultimissima generazione ad alta risoluzione sente effluvi di ramificazioni dal mondo intero. Le pupille radiate dalla realtà tridimensionale, il cervello con accesso a scritte, storie, immagini dal social network, a sorrisi e facce sconosciute o conosciute fuori dallo schermo. Di queste ricorda il timbro di una voce, ha voglia di riascoltarlo e va in skype. Le labbra del vecchio amico di sempre iniziano a muoversi un attimo prima dei suoni emanati dalla bocca, vorrebbe stringergli almeno la mano fatta di pelle, allora gli esprime il suo desiderio e lui risponde:

“Aspetta, caro mio e vedrai che fra non molto potrò inviarti la mia copia gemella robotizzata via Amazon!”

Baricentro interiore

Se c’è, è pulsante.
Se c’è ti tira verso la cosa giusta per te.
Se c’è ti rimanda sempre al Mittente.
Se c’è ti sposta nei luoghi della Bellezza.
Se c’è ti legge per interpretare i tuoi sogni.
Se c’è scrive con te la tua vita anche nel buio.
Se c’è si arrampica sulle pareti scivolose del dolore e ti strappa via di là.
Mi raccomando… quando bussa alla tua porta fallo entrare: non è un ospite, è un Miracolo!

Bla bla bla

“Bla, bla, bla”. E poi ancora: “Bla, bla, bla…” Ovviamente non erano queste le sillabe pronunciate, in quel momento, dalle persone intorno a lui, ma queste erano le stringhe di lettere che registrava il suo cervello, sentendole. “Bla, bla, bla”, blaterò tra sé, soffocando di noia e tirando con sforzo gli angoli della bocca per un sorriso stentoreo.
Le due donne parlavano con un tono di galline sovraeccitate, da assetto da cocktail, e una delle due si guardava intorno con occhi sgranati e ondeggianti come lenze disperate in quello stagno di bla bla bla.
Lui si spostò in un angolo della terrazza e, stuzzicato da quell’ “ottimo partito”, a cui avevano accennato le due donne, riferendosi alla figlia di un amico che si sposava, immaginò una specie di giallo overdose, sì, proprio come una droga, la cui trama, una volta di pubblico dominio, avrebbe libidinosamente alimentato una serie di altri bla bla bla inorriditi dalla storia dove la sposa si sarebbe ritrovata in un giro di prostituzione d’alto bordo, per essere la protagonista di un vero e proprio giallo a luci rosse. Altro che “ottimo partito”! Libidine si aggiungeva a libidine per un carico solo apparentemente innocuo alla salute: lui stesso si chiedeva come poteva aver disegnato quadri mentali così orribili, degni di un’ insospettata perversione, ma poi… si assolse, pur condannandosi nel non aver, mai e poi mai, pensato di abbandonare quel mondo di bla bla bla…

Breve autoritratto

Non ho mai voluto l’ ”uniforme”. Il mio habitat naturale è unicamente quello che desidero arredare a mia immagine e somiglianza. Di questo habitat porto in giro, sempre a mio rischio e pericolo, tutte le caratteristiche che mi indicano se scegliere questo o quello, anche temendo di sbagliare: in poche parole, sono un animale scomodo. Il mio prossimo, non solo in senso evangelico, ma anche quello che la vita mi ha messo vicino, in alcuni casi anche inspiegabilmente troppo vicino, mi ha sempre guardato con sospetto.

All’inizio della mia “carriera di vita” – per lo sforzo che non di rado si fa a vivere, anche per la vita si dovrebbe usare il termine “carriera” – la cosa insospettiva anche me e mi faceva chiedere, con sospetto appunto: “Ma perché la maggior parte dei miei consimili mi guarda con sospetto?”

Dopo tanti anni di indagine, chiedo venia ai miei lettori per la mia presunzione, sono arrivata alla conclusione che, forse, più che loro nei miei confronti, dovrei essere io a dover sospettare di loro: “Perché?” Semplicemente perché io ho gettato via la maschera! E chiedo scusa al mondo intero se non ho scelto una vita da show.

Brevissimo racconto

Quel giorno era piena di furore. Camminava per quella zona della città avvertendone ogni fiamma dentro se stessa.
Come al solito, al telefono aveva fatto lo “splendido”, ma questa volta lei non aveva abboccato all’amo.
Nelle profondità del suo sentire, adesso, insieme a quel furore c’era anche una fierezza limpida e incontaminata da dubbi. Non aveva più recitato nessuna parte, non si era più sottomessa a nessuna costrizione: gli aveva fatto percepire con estrema chiarezza che si era davvero “stufata”.
Con questi nuovi parametri di se stessa, entrò nel suo solito bar e ordinò il suo solito caffè, ma dentro di lei non c’era, finalmente, più niente di “solito”!
Per pura associazione di suoni, solo per amor di ingenui e subliminali giochi di parole, le venne da pensare all’aggettivo “solido”, ma sapeva anche che niente di fisso, e quindi di solido, si muoveva più all’interno di se stessa, piuttosto un fluttuare verso nuovi racconti di vita. Non c’era più nessun “fermo immagine” che avrebbe avuto il potere di fermarla.

Bugie

Le bugie del mondo risuonano nel cervello di ognuno di noi facendoci ammalare.

Campo libero

C’è un momento in cui si spalanca davanti ai nostri occhi la mappa completa dell’esistenza che abbiamo vissuto e finalmente comprendiamo in un solo istante cosa è accaduto. Individuiamo tutte le coordinate in cui si è mossa la nostra vita. E se non pensiamo che si sia trattato del nostro Destino, ma di qualcosa che noi stessi abbiamo provocato, allora non è il caso di imitare gli struzzi, ma alzare la testa e, se è il caso,  correggere il tiro.

Si tratta di un vero prodigio, di cui non avremmo mai pensato di poter godere con tanta chiarezza. O, forse, a noi sembra tale, perché magari quella limpidezza era pronta lì per noi da molto tempo, senza che noi ce ne fossimo accorti.

Allora, da questo momento, ci si presenta la grande opportunità di chiamare finalmente le cose con il loro nome e cominciare ad ascoltare uomini, parole e cose nella loro Essenza, smettendo di mentire a noi stessi e al mondo intero. Per questa grande opera di pulizia sarà quello stesso “destino” che, probabilmente, indietreggerà, lasciandoci campo libero!

Chi ha imparato a volare non può tornare a camminare

Erano giorni che camminava con questa frase nel cervello. All’improvviso sbucava come se le volesse suggerire qualcosa di importante, quasi una rivelazione, ma presa da pensieri e vicissitudini troppo quotidiane e logore di attivismo imperante, non riusciva a coglierne il senso profondo. I giorni passavano come frecce cieche e insulse che si andavano a conficcare proprio in quell’attivismo, necessario sì, ma che lei riteneva fosse comunque di poco spessore per poter essere considerato un elemento vivificatore della sua esistenza.

Ma quella frase non si curava di ciò che lei credeva e prendeva su di sé tutto il carico di quel dimenarsi inconsulto con un’ostinazione necessaria per arrivare all’obiettivo. I giorni passavano e lei correva, correva sempre, ingoiando tutto quello che faceva e di cui continuava a pensare che fosse inutile e ofano. La frase era sempre là, immobile e ieratica come una dea, impassibile nella sua fermezza, aspettando che lei capisse. Finché un giorno lo specchio di sé stessa non andò in frantumi per troppo carico e lei udì, non più l’eco, ma il boato di quella affermazione assoluta  che era venuta a salvarla. 

Chi salverà chi?

Siamo ancora tra un’immagine e l’altra, tra un modo di parlare e l’altro, tra un modo di camminare e l’altro. Ci stiamo sciogliendo nell’ambiguità dell’ibrido, ma quale sarà la nuova forma? Per ora stiamo traballando in una navigazione sotto costa, come se avessimo paura di prendere il largo, abbracciando forme che ci sembrano troppo rigide rispetto al nostro recentissimo passato. Ma ci stiamo abituando a ciò che ci viene proposto come salvifico. Già vediamo le nostre facce mummificate in un plastico, le nostre azioni ridotte a pochi e scarni movimenti sia fisici che cerebrali. Dentro di noi stanno sparendo le onde della creatività, del sapersi inoltrare in quello che era l’incertezza del risultato, nel bene e nel male, per approvarci e sentirci ancora dentro le nostre abilità. Quando il percorso diverrà definitivo e sarà chiaro davanti agli occhi di tutti che siamo ormai in mare aperto, molti saranno attratti dalla navigazione mentre pochi torneranno a riva, per ripartire da un altro porto.

Circolarità, sincronia o verticalità?

Odori, sapori, suoni, immagini… certe volte mi sembra di tenere tutto rinchiuso nel palmo di una mano. Lo apro e li vedo stretti l’uno accanto all’altro, in un attimo, anche se sono quelli di una vita intera. E’ proprio vero che esistono i mesi, gli anni e i secoli? O esiste solo un Grande Tempo Eterno? Un lungo fotogramma su cui è stampato sincronicamente tutto?
Quando nella vita si ripropongono sempre le stesse situazioni, il cosiddetto “dejà vu”, non avete la sensazione che tutto sia circolare nel nostro percorso, come se fossimo in una bolla con le stesse fluttuazioni di sempre? Eppure io sono convinta che la breccia per uscire dalla circolarità e procedere in verticale ci sia.
E’ difficile trovarla, ma non impossibile. Io ci provo sempre!

Collezione

Si guardava intorno e vedeva quante cose aveva accumulato per quella smania di raccogliere oggetti. Ma ora ne era stanco e mancava poco che mettesse sulle mensole anche se stesso. E sì! In fondo era l’unica soluzione per sentirsi integrato in quell’ambiente. Doveva solo rinunciare a un po’ di scarne emozioni di cui, negli ultimi tempi, si era cibato per sopravvivere e il gioco era fatto. Era andato troppo oltre con quella mania e ora poteva solo oggettivare anche se stesso!

Comunicazione forzata

In essa ci immergiamo spesso in modo ridondante e superfluo. Ce ne riempiamo troppo quando potremmo dire ciò che abbiamo da dire in pochissime parole e invece ne usiamo tante inutili, ripetendo le stesse cose in preda a un automatismo prodotto da incontrollabili nevrosi.
Foglie al vento in giro per la realtà.

Comunicazione globale

Tutto è in risonanza, sotto e sopra, sopra e sotto. Non esiste un al di qua e un Al di là isolati in dimensioni separate. Esistono riverberi in forma di suoni, movimenti e pensieri e quando pensiamo che la nostra ignavia davanti a tutto questo non alteri la nostra esperienza di vita è come se rapissimo noi stessi senza riscatto, perché nessuna Forza avrà il desiderio di venire a liberarci.

Confronto

La mente umana è un elaboratore di dati proprio come il computer, ma è caratterizzata da associazioni elastiche e non rigide; è come se tra un dato e l’altro si infiltrasse sempre il sogno, anche quando non ce ne accorgiamo. Mentre tra una stringa di dati e l’altra c’è un impulso elettrico senza spazio per i sogni. Ecco perché il risultato delle elaborazioni delle due menti sono diversi: quella organica va verso mondi imprevedibili e creativi, l’altra verso bacini a circuito chiuso e struttura ripetitiva. L’essere umano è incontrollabile, anche se rinchiuso in una cella, il pc è intuibile e calcolabile.

Confusione mentale

Sono talmente stanca che non so più se esisto!

Consigli non richiesti

In genere, vengono sempre dalle stesse persone. Un giorno mi sono chiesta quale sia la via per salvarsi. In verità ce ne sono diverse: per i conoscenti, o un po’ più che solo conoscenti, la soluzione è un sorriso ebete tra le onde rumorose di un fitto silenzio; per quelli un po’ più amici: una blanda e disimpegnata argomentazione, tanto per far vedere che li consideri, altrimenti si offendono; per gli amici intimi o familiari: sbarrare gli occhi, restando sempre muti come nel caso dei conoscenti, per mantenere la pace ed evitare di mettergli le mani al collo. In tutti e tre i casi, è vero, ci vuole molta pazienza ed equilibrio, ma, se manteniamo questa condotta, prima o poi, il risultato si vede: smettono di dare fiato…

Consiglio

Cercate di non fare mai raggelare il sangue ai buoni di cuore, perché una volta fatto l’errore non si scongela più. Non vi farebbero mai del male deliberatamente, ma non darebbero mai più ascolto alle vostre parole e alle vostre azioni!

Contraffazione

Quando si scrive ogni pagina deve essere un ricamo, non ci sono scuse per chi riceve il dono di poter unire parole e suoni ad echi primordiali. Ci devono far sprofondare in quel lago di pace e di avventura che non arresta il flusso della Bellezza. Chi scrive e chi legge deve entrare in quel canto miracoloso che trascina nell’apoteosi dell’Ineffabile, altrimenti si rischia di cadere per sempre nell’inganno della contraffazione.

Coraggio

La sua radice è cor: vorrà pur dire qualcosa se c’è di mezzo il cuore, no? È il nostro muscolo più importante: quello dal quale tutto dipende. E allora, diamogli fiducia quando ci spinge ad agire! Non guardiamo il mondo senza la sua lente!

Cuore

Un cuore ad alta tenuta e un cuore a bassa tenuta.
Un cuore ad alta tenuta va cercato e conservato come la massima espressione di esempio per la nostra esistenza. Un cuore a bassa tenuta deve essere messo in quarantena per evitare il contagio.

Dall'Universo

C’è un punto nello spazio in cui ogni tempo si congiunge! E allora, se è così, che smaniamo a fare per cercare di cancellare le rughe?

Decentramento

Spostamento delle forme: tazza con la base che poggia vicino al bordo del piatto e non al centro, cappello indossato con la visiera sulla nuca invece che sulla fronte, giro vita sotto l’ombelico, cavallo dei pantaloni alle ginocchia… tutto ciò destabilizza l’anima.

Dentro e fuori

Riusciremo mai a far coincidere l’uno e l’altro aspetto di noi, ad amalgamarli nell’unicità del nostro essere? Riusciremo mai a colmare quella distanza che abbiamo messo tra questi due punti tanto da far dire persino a noi stessi: “Ma chi è quest’altro me che abita in me?”
Per piacere smettiamo di andare in giro con chi non conosciamo!

Dentro le parole

Tranne gli scrittori, quelli che con le parole sanno abbracciare il mondo e da esso lasciarsi abbracciare, pochi conoscono il vero potere delle parole, pochi sanno riconoscere quanto una parola, anche una soltanto, possa evocare con un’eco profonda il senso con cui rivestire pensieri e azioni. Essa è figlia del concetto più antico dell’universo, quello proveniente dalla stessa Creazione che la lega indissolubilmente all’immagine. Ogni suono da lei emesso si impregna di un’intrinseca realtà per dare seguito a un’immagine indelebile che si ferma proprio nel posto che le spetta per cantare la sua forza, il suo potere, senza curarsi di quello che le sta intorno. Solo a queste condizioni la parola afferma se stessa contro l’eco di inutili suoni stampati a casaccio nell’aria.  

Di che si tratta

Il silenzio è fondamentale per capire cosa sia ogni lacerante esperienza che spesso la vita ti consegna senza alcun garbo, come se “dovesse” farlo proprio in quell’unico modo e non altri. Solo nell’assoluto silenzio la vera fisionomia di un trauma abbandona le sue forme costrette dalle convenzioni e si palesa nella sua completezza.
Lo stordimento come antidoto alla sua presenza serve solo ad ottundere quel po’ di consapevolezza che potrebbe ancora essere in stand by dentro di noi. Fermarsi a guardare chi siamo tra le pieghe del dolore toglie il velo, sblocca il meccanismo inceppato della sofferenza, lo fa fluire verso la trasformazione dei suoi solchi, prendendoci quasi per mano per farci andare nel posto giusto proprio a causa della sua presenza. Bisogna accogliere i sommovimenti del coraggio, del dinamismo vitale insito nelle sue pieghe intricate, esso è un affare misterioso che partorisce sé stesso per portarci altrove. Non si tratta di un premio di consolazione per la grande fatica che ci fa vivere, ma unicamente di un nuovo impianto strutturale del nostro Sé.

Di nuovo in pista

Il vento quel giorno tornava a soffiare dopo un periodo di magra, doveva solo riaprire le porte. E fu così che si trovò ad annotare questo breve pensiero, mentre lui le soffiava sul collo:
“Dopo tanti spostamenti d’aria a temperatura tiepida, bollente o gelida, sono, oggi, ciò che sono, dopo aver barcollato nel pieno di quei vortici, camminato fino a mezza gamba in paludi poi bonificate con la complicità di un orientamento in 4k, respirato, o piuttosto ansimato, in corridoi troppo stretti per il mio bisogno di volare ad alta quota. E speriamo che adesso la storia non si ripeta!”
Poi chiuse il suo quaderno e si addormentò.
Nel dormiveglia una voce leggera le disse:
“Ma se oggi sei ciò che sei, è perché non hai avuto sconti e quei vortici sono serviti a darti la spinta per oltrepassare scene di vita che ti hanno portata a recuperare il rosso vivo del sangue che ancora ti scorre nelle vene!”
Non sapeva bene chi fosse ad averle parlato in quel modo, ma, probabilmente era una figura che guardava giù sulla terra e puliva la vita degli esseri umani con olio di gomito!

Dicotomie

C’erano posti in cui sentiva la piena Trascendenza e altri in cui sentiva l’inferno. Persone con cui la comunicazione scorreva placida verso l’intelletto e anche verso il cuore e altre davanti alle quali naufragava ogni margine d’intesa. Certe volte passava repentinamente dal Paradiso alla paralisi, in uno spazio ora innalzato dal Bene ora bruciato dal male. In questa area nera dell’esistenza si sentiva inadeguata a partecipare e vi camminava dentro come una papera che cerca di schivare le pozzanghere facendo più fracasso del dovuto.

Dilemma

Da angoli logori a scorci di Paradiso.
Nessuna città, più di Napoli, può incarnare convivenze improbabili di incanti, sortilegi e decadenze strette gli uni alle altre come se avessero timore di perdere la loro identità. Tutto questo resiste fin dalla sua leggendaria nascita per finire dentro la sua incancellabile Storia.
Chi cammina a braccetto con i suoi Angeli e i suoi Demoni, è sballottato tra il Bene e il Male, preso dagli “ormoni” dell’uno e dell’altro, mutando anche i suoi, che vengono paralizzati per poi esplodere in quello che uno psichiatra definirebbe “bipolarità”, ma che non cercherebbe mai di curare, perché saprebbe di essere il primo a perderci. Niente può opporsi a tutto questo.
La convivenza di un napoletano con la sua “padrona” resta in perenne oscillazione tra l’accettazione e il rifiuto, l’esaltazione della Bellezza e l’autolesionismo di un decadente e inesorabile abbandono. Spesso ci cammina dentro come un sonnambulo gonfiandosi di gioia, romanticismo e orgoglio, oppure trafiggendosi di rabbia nel pensare a se stesso come un povero derelitto insieme al posto in cui è nato. Poi alza lo sguardo dalla sua rabbia e vede un turista che con i piedi nella “monnezza”, fotografa estasiato il golfo con la faccia beata di chi è già salito in Paradiso. Allora si ferma anche lui, fa la stessa cosa e tira avanti saltando balle di immondizia, escrementi di cani che ormai pensano, insieme ai loro padroni, di essere una razza eletta e così il giorno tira via con olfatti pieni di puzze e profumi, occhi di lacrime di gioia e lacrime di dolore. Chi siamo? Chi sei dolce Partenope benedetta per la tua Bellezza e maledetta per i tuoi tanfi? Nessuno è mai riuscito a trovare una risposta escatologica degna di questo aggettivo, ma stiamo certi che questi tipi di pregnanti risposte non possono essere trovate da un comune mortale…

Disattenzione

Ogni luogo, ogni spazio, ogni tempo, ogni essere umano ha la sua voce. Eppure, quante volte noi li attraversiamo con quell’ebete dondolio da boriosi e superficiali funamboli. Senza fermo immagine procediamo non penetrando le vere forme di quel luogo, quello spazio, quell’essere vivente che si impatta con la nostra cecità, raccontando con forza ciò che esso è, ma che noi lasciamo muto nel nostro blasfemo balbettio.

Disfuzione

Siamo in una gabbia di immagini che ci ammiccano ovunque andiamo, provocatorie come lo specchio di Biancaneve.
Stazioni, aeroporti, città, cellulari, televisioni e non c’è più un angolo libero per lasciare andare la nostra fantasia e disegnare qualcosa di diverso da ciò che vediamo. Ma la cosa più distorta è che quest’arrembaggio di immagini è l’agente responsabile di tutte le nostre frustrazioni, perché subendole ci costruiamo, nel tentativo di imitarle, il grido grottesco più ingenuo della nostra stessa immagine: in due parole ce le mettiamo addosso pur sapendo che con noi non dovrebbero avere niente a che fare, per età, professione, misura, colori, ceto, chili di troppo o in meno e carattere.
Ne viene fuori un vero pantano che, con le pubblicità sbattute in faccia non ha niente in comune, se non la vetrina dell’affannata parodia dell’ “umanità”!

Disorientamento globale

Tanti bottoni da premere altrimenti sei fottuto. Tante immagini di cui ricoprirti per non diventare trasparente. Tante parole approppriate da dover dire al momento opportuno per non venir fregato. Tante nozioni da incamerare per cercare di non beccare virus e malattie. Tante notizie da ingoiare e risputare fuori selezionando per tentare di capire qualcosa di più su ciò che sta succedendo attorno a te… impresa quasi impossibile. Tanti oggetti da guardare prima di diventare strabico e scegliere quello più adatto a te. Tanti rumori da sopportare fino a preferire, forse, di diventare sordo. Tanti farmaci da ingurgitare passando prima le ore a prenderti una laurea in farmacia e una in medicina. Tante paure da dover allontanare prima di morire di infarto. Tante facce da abbracciare prima di capire chi esse siano veramente…

Distorsione

Chi fa la guerra oggi diventa una star. Chi delinque diventa una star. Chi non si industria per fregare il prossimo diventa un’ameba. Chi ama con tutto sé stesso, un imbecille. Chi non sorride in maniera disimpegnata davanti ad Einstein finito dentro al carrello della spesa, o davanti a Robespierre caduto sula lavastoviglie è un bacchettone. Chi non spezza le parole quando parla, parafrasando un rap, è un boomer. Chi conserva l’anima nel cassetto è un asociale. Questo elenco potrebbe essere sviluppato all’infinito, ma si finirebbe con l’essere inutilmente didascalici, perché il messaggio si è fatto ormai il varco per intristire a sufficienza chi ha voluto comprendere. 

Divertimento

Se dà vigore all’anima è quello giusto; se lascia il segno di una leggerezza vibrante è meglio che cerchiamo di conservare il suo DNA nel nostro. Solo così lo potremo rivivere.

Eccezionalità

Con tutta questa competizione in giro per il mondo globale si è persa l’essenza dell’ eccezionalità. Quando ci sono troppe facce di attori, scrittori, musicisti, artisti e via discorrendo, se tra loro c’è un talento vero, si dissolve e si perde fluttuando nelle nebbie di un marasma che mette la pialla proprio su quella “eccezionalità” che tra essi potrebbe nascondersi.

Effetti di un'antica favola

Camminava con la schiena dritta, il petto in fuori, la faccia al vento. Rigida nello scheletro dalle ossa stanche di seguire il suo passo. Non guardava negli occhi per non far scoprire le trame della sua volontà e quando lo faceva era solo per capire meglio come manipolarti. Dopo tanti anni di quest’allenamento, il vento dentro cui avanzava le batteva sul viso sempre più forte, mentre lei si organizzava per rimandarlo a tutti coloro che incontrava, ma solo se fossero serviti ad assecondare i suoi interessi, altrimenti dal suo ponte di comando sganciava un sorriso ebbro di colla appassita. Se ti capitava di sbatterci contro, l’unica soluzione era virare con uno scatto improvviso senza girarsi indietro e trasformare l’accaduto nel corroborante pensiero di aver incontrato solo l’ “amica del lupo di cappuccetto rosso”. 

Eleganza

Com’è bello camminare a passi felpati nella realtà, masticare senza far rumore anche i bocconi più amari, ridurre il consumo di oggetti inutili, gesticolare solo per accompagnare discorsi che possano suggerire delucidazioni e chiarimenti pacati, ridurre allo stretto necessario le linee guida della nostra vita, quelle che, invece di scuoterti nel caos di pulsioni contraddittorie, tracciano una specie di tappeto di morbido velluto su cui procedere rassicurando te stesso e gli altri.

Emanazioni spontanee

Cuore alato di un’anima che accompagna navigatori avvezzi alla rotta e non naufraghi dell’esistenza, richiami abbondanti di saggezza conquistata tra risa e lacrime, pensieri modellati da vivide analogie e non da banali accorpamenti di idee suggerite e mai responsabili, ritmo cadenzato dalla vigile interiorità che sa pescare, ora qua ora là, il senso dell’esperienza.

Era estate

Era estate… la febbre avanzava, mentre le liti tra gli esseri umani entravano nel corpo senza un valido motivo, erano “perché” buttati alla rinfusa che si attaccavano a nuove ulcere e gastriti, quando non indebolivano le difese immunitarie. Si anticipavano i bagni di folla durante i weekend per nostalgia del futuro, di quelle ferie progettate con sforzo e forse anche senza troppi mezzi a disposizione. Era Estate… ancora pratiche di lavoro da sbrigare, ammonticchiate nei faldoni… ma non si era in ERA DIGITALE, dove tutto era stato velocizzato e semplificato? Sì, vero, ma non ancora completamente… Era già Estate, di quelle roventi da cervello in fiamme… era Estate, ma il tempo ancora troppo lento per liberarsi dell’ansia di andare a sbriciolare la propria salute con chili di Polase da ingerire come carburante. Era Estate e io, tu, egli, noi, voi, essi… proprio tutti, accaldati più che dall’Estate da sé stessi, imploravamo pace e stordimento, frastuono e abbandono nel frastuono, eccitazione senza emozioni, forse anche amore che non si sapeva se cercare e dove cercarlo… Era Estate… e le immagini di noi al pascolo nell’Ade di un benessere rattoppato era tanto potente da prostrare l’intera umanità dentro un’affannata poltiglia.   

Espansione

Talvolta si apre dentro di me un varco che mi regala una vista meno congelata da paure, ansie, ombre e sogghigni di sviste emozionali. Allora penso a quanto tempo ho perso, prima d’ora, di un nuovo flusso che abbaglia in un solo istante tutto il mio corpo. E mi chiedo:” Ma che ho fatto e dove sono stata fino a questo momento?”
Ripercorro così la mia vita cosparsa di azioni da buon meccanico dell’esistenza, dove ho fatto quadrare il cerchio molte volte, dove ho superato inganni, ostacoli d’alta portata e realizzo che, per fare tutto questo, non ho potuto riconoscere quella seducente vibrazione che ora mi si para davanti in tutto il suo clamore.
Allora imparo a regalarmi il tempo per cominciare a “sentire nel vuoto” un altro corpo che non nega l’esistenza di ciò che ho fatto prima, ma che lo sublima con un altro panorama, iniziando a tessere un nuovo ordito.

Espansione della stupidità

La stupidità si espande sia a livello interiore che esteriore, sia a livello estetico che animico, sia a livello fisico che spirituale. Questa è l’epoca storica più adatta per tale processo, perché ha a servizio di se stessa il potente meccanismo della globalizzazione, che causa l’amalgama delle intelligenze singole per creare una sorta di immensa e immobile compagine collosa dove vengono soffocate e abolite le diversità. Tutto si restringe, i campi si unificano e le linee guida si assottigliano. In tale processo di annullamento resta fondamentale sentire di aver lasciato un’impronta negli spazi, nei tempi, nelle anime, e soprattutto nella propria vita. Non sto parlando di successi personali, ma di aure profonde che trionfano con eleganza nella vita quotidiana, qualsiasi forma il destino abbia tracciato per loro.

Estate

Notti calde che cadono sulla pelle a dirimere tensioni congelate. Pori in attesa, assetati senza gemito, con la paziente rassegnazione della certezza della liberazione imminente.

Estetica

Il Bello non è soggettivo, è universale. Lo abbiamo reso tale per commercializzarlo, ma così facendo lo abbiamo perso!

Etica ed estetica

Etica ed Estetica si muovono dentro un contatto misterioso e costante pur sembrando avere confini divisi. Ma se i nostri sensi restano aperti e liberi nel sondare la loro stretta appartenenza, riusciamo a penetrarle entrambe senza barriere e preconcetti. La voce dell’una e dell’altra si mescolano, dando la forma definita della loro unione. Ne nasce la rappresentazione pulsante della Storia di ogni tempo, dei punti di svolta cruciali del percorso umano.

Felicità

Essere felici è una vera e propria arte! Un’espansione globale! Di estrema difficoltà, ma non impossibile. Siamo come la creta nelle nostre mani, per trattarla devono essere forti e decise, ma anche molto morbide e creative. Siamo una materia delicata.

Flusso continuo

La mia mente mangia la realtà e la sputa fuori con invenzioni sotto forma di storie, dialoghi, ironia, patologie, sentimenti di ogni tipo. Da sempre cammino con visioni libere di andare ovunque. Mi sento come attaccata a un aquilone con cui sorvolo la terra, seminando suoni e onde in affabulazioni per chi ha voglia di giocare un po’ con me.

Fluttuazioni

Le nostre vite appaiono e scompaiono, i nostri gesti appaiono e scompaiono, i nostri sorrisi, fotogrammi di spensieratezza, i nostri amori, piccole, grandi storie di emozioni, le nostre ire, sfoghi o anche massacri del nostro ego ferito…tutto, ma proprio tutto appare e scompare come il Bene e il Male, in un’ altalena fluttuante nella grande conca dell’Universo…quindi assaporiamo la fulgida immediatezza della nostra esistenza!

Focus

Spesso mi trovo a indagare sul mio avvenire seguendo percezioni interiori che mi indicano la strada da percorrere. Scopro che i miei desideri hanno cambiato forma, sono diventati pennellate di possibili forme future, senza che abbiano più quella compatta densità di quelli giovanili. Ora è come se fossero avvolti da raffiche gentili di profumi più leggeri e se chiedessero meno alla mia abilità di farli realizzare ad ogni costo. Mi chiedo anche se ci siano ancora Sogni che svolazzano intorno a me o se abbiano deciso di andare in prescrizione.

Sono una viaggiatrice senza barriere e questo mi porta a colmare tutto con spirito di avventura, anche la prescrizione dei Sogni. E più entro nel mio “spirito alato” più penso che si possa mantenere lo spirito assoluto del viaggio. Non mi adeguerò mai a un modo di vivere diverso, l’anagrafe non mi blocca e, spero, nemmeno Dio. Viaggiare dentro questa illusoria realtà è per me possibile solo liberandomi dai suoi schemi, lanciandomi nel volo dell’avventura. A questo non rinuncerò mai!

Fraintendimento

Pian piano avanzando nel tempo, l’uomo ha frainteso: non ha capito quali fossero in realtà le sue occupazioni terrene.
Ha travalicato i limiti del suo narcisismo e ha confuso i poteri a lui elargiti con abbondanza per usarli in modo sbagliato.
Si è sentito onnipotente laddove sarebbe stato meglio che si fosse sentito incapace, per elevare il suo potenziale.
Tante chiese, tanti palazzi, tanti inni ed elevazioni del suo ego, tante guerre per questo specchio di sé ofano e nocivo, greve e non grave.
Tutti guardiamo queste chiese e questi palazzi col naso all’insù che sbatte contro tanta meraviglia, ma che si ritira da una grandezza di gran lunga più ampia di quella ammirata un po’ da tonto e a bocca aperta: quella “interiore”.
Per celebrare la nostra “mortalità” abbiamo troppo spesso prosciugato fiumi, svuotato cave, sventrato montagne e abbiamo ammassato pietre, se pur nelle forme più belle, in spazi troppo stretti, dove l’occhio non si perde, ma è costretto a rimandare ad uno spazio ridotto incrociando i suoi piedi.
Mi chiedo a questo punto se, dopo secoli e secoli di errori abnormi, non sia giusto smettere di essere uomini così e tentare la strada della vera forza che è in noi per “intelligere” quale sia l’unico grande scopo della nostra vita e cioè quello del coraggio di urlare: “Basta!”, per trovare il coraggio di “Esistere!”

Fretta

È la finta arte dei poveri di spirito. Che tradotto in parole più democratiche significa: spesso ci congratuliamo con noi stessi per essere in poco tempo riusciti a fare tante cose, ma mai ci chiediamo quanto, così in fretta, siamo riusciti a capire noi stessi mentre le facevamo.
Noi leviamo sapore alla vita!

Frustrazione

Ma che cos’è realmente questo mostro che attanaglia tutti, dai più talentuosi ai più incapaci? Dai più famosi a quelli sconosciuti anche al vicino della porta accanto? Un immenso buco nero che non ti fa respirare? Una cancrena ispessita sulla nostra pelle? O semplicemente un parassita di un’anima fragile che però ha il potere di cambiarti i connotati?

Fulgore

Amo l’oscurità, la notte, quella pulita, aperta, che non trama fantasmi, ma solo stelle lucenti. Amo il giorno, quello pulito, che non trama attacchi, ambiguità, parole mute, insufficienti. Amo le albe e i tramonti, confini tra il giorno e la notte, quelli puliti, non turgidi d’ansia per il giorno che sta per cominciare o lacrime per quello che sta per finire. Amo l’ampiezza della pace e se non c’è davanti ai miei occhi, li alzo e vedo un filo che scende dal cielo, dritto fino a me, che mi accarezza e mi dà quel candore di cui ho bisogno per vivere.

Fuori dal calendario

Accade, forse troppo di rado, ma accade, di vivere giorni o anche solo attimi speciali, intensi, fuori dal calendario, in posti speciali che sembrano essere segnati su una mappa straordinaria e non sulla solita rotta. Allora, ogni cosa assume un aspetto tutto suo, con le date che diventano solo tue o di un’entità fuori dal tempo lineare. Anche un posto può appartenere soltanto a te, perché la forza di ciò che hai vissuto lì, tra le sue mura, fa in modo che quando lo lasci te lo porti dietro. Così, tutta la tua vita comincia a muoversi intorno a quel tempo, a quel posto, in una specie di amalgama, facendo in modo che, ovunque tu vada ti senta sempre in sua compagnia. È così che si compie la catarsi di ciò che vivi.

Giardino

Io ce l’ho e tu? Se non ce l’hai costruiscilo! È gratis, perché viene dall’anima.

Gioco di parole

La potenza delle parole, dei gesti, degli sguardi che ti danno potere nella vita è quella potenza che non chiede di avere potere, è quella forza nel sapere arretrare davanti al grande inganno che è pensare di dover essere potenti ad ogni costo.
Vivere con leggerezza, quasi senza accorgersi di vivere, se per vivere si intende, a torto, lo sforzo estenuante di dover urlare nella moltitudine: “CI SONO!” solo per farsi notare.
E in questa folla bagnarsi d’acqua sporca che ti concede l’inganno di esserci, così, un attimo, davanti a minuzie e nemmeno a grandi gesti, con strattoni bene assestati a quei tanti che vogliono “esserci ad ogni costo”.
E in questo grande frastuono noi passiamo come bandiere al vento. Forse dovremmo fermarci per oltrepassare queste sbarre e passare nella “terra di nessuno”, dove, se non altro, potremmo essere liberi. E vi pare poco?
Le nostre vite appaiono e scompaiono, i nostri gesti appaiono e scompaiono, i nostri sorrisi, fotogrammi di spensieratezza, i nostri amori, piccole grandi storie di emozioni, le nostre ire, sfoghi o anche massacri del nostro ego ferito…tutto, ma proprio tutto, appare e scompare, come il Bene e il Male, in un’altalena fluttuante nella grande conca dell’Universo… E se non tutti capiscono ciò che ho scritto pazienza! Lo so questo non è un atteggiamento democratico, ma credo sia giunto il momento storico per ognuno di noi di, anche solo tentare, di capire come possiamo penetrare al meglio ciò che ci appare solo fragilità e oscurità, ma che, forse nasconde una Forza, che è anche un’opportunità per allenare il nostro sesto senso, il nostro Occhio Divino.

Gli inutili suoni dell'eco

La vita è un’eco che batte incessantemente il suo tamburo, ma non l’ascoltiamo e continuiamo a vivere dentro un meccanicismo assordante che cancella i messaggi di questa nostra eco piena di segni: spazi e tempi che evocano di noi ogni pensiero e ogni azione; essi si fondono e si confondono lasciandoci nell’ignoranza. Se ci aprissimo ad una percezione più sensibile entreremmo in possesso di una visione completa di ciò che siamo. Invece chiudiamo i battenti e partiamo per conquistare la nostra rassicurante oscurità.

I momenti di Dio

La nostra religione non ci ha fatto mai capire che i momenti di Dio sono quelli in cui ti fermi e contempli la sostanza di te stesso davanti alla sostanza dell’Universo.

I Sentimenti del Mistero

Nel Silenzio pieno, quello senza spifferi dalla realtà, aperto solo in se stesso, ti sembra di essere nel centro del Mistero, che ti viene incontro per invitarti alla cena delle sue Rivelazioni, fino a farti sentire non più subalterno dei suoi Poteri, ma partecipe dei suoi Sentimenti. Sembra volerti inglobare nei suoi Pensieri e spingerti a farti sentire che sei, a tutti gli effetti, una sua Creazione e non un debole e fragile prodotto. Desidera solo che tu riesca ad accettare di volteggiare con lui nella tua vita reale e in quella dei tuoi Sogni.

Identità

È più forte di me, quando mi trovo nei bagni di folla scatta un click che apre una finestra creando un canale preferenziale con un’altra dimensione, è come se ci facessimo l’occhiolino. Allora la seguo per trovare quel domicilio, dove mi sento a casa e che si chiama: unicità! Ci possono entrare tutti, ma proprio tutti, con una parola d’ordine inequivocabile: identità.

Ignoranza

Mani che si muovono ora di qua ora di là, accendono una luce, ne spengono un’altra, pensando di avere acceso quella sbagliata.
Mani che vagano incerte, tremanti senza sapere dove andare: ora di qua ora di là, in un soffio di vita timido, ritratte subito dopo avere avuto l’illusione di afferrare un’aria diversa, robusta e pulita.
Pensieri che vanno ora di qua ora di là, prima convinti, poi delusi.
Convinzioni che abbracciano una verità, poi un’altra, prima sicure poi rinnegate.
Umori altalenanti verso sponde luminose e poi ritirati nell’oscurità.
E in tutto questo peregrinare disarticolato l’essere umano resta vigile e teso verso il tentativo di capirci qualcosa, verso un segno definitivo e liberatore che riscatti l’ultimo grido di abissale “IGNORANZA”!

Il canto del vero scrittore si è spento

Il canto della bellezza sinuosa è finito da un pezzo. Camminiamo “reticolanti” in una realtà staccata dal laccio che l’ha creata. Uno scrittore abituato a rintracciare nelle parole un suono quasi divino soffre di tale vano sbattimento contro sponde fragili. Sponde di guerra del sistema manipolatore che invita ogni artista, sogghignando, a cavalcare l’onda della povera visione e abbacinamento del successo, un goffo petardo tirato contro l’asfalto di una sfibrante eccitazione, che si spegnerà in poche battute in un lancio verso il basso.

Il cervello degli scrittori

E se dal Paradiso, o altra zona, stessero per spegnere il video, perché annoiati da questa soap opera di quaggiù, che ne sarebbe di noi?
Mi è venuto questo pensiero stravagante, ma forse nemmeno troppo, immaginando spettatori “Illuminati”, che, esausti, decidono di spendere le proprie Energie Divine per focalizzarsi su altri scenari, più attenti e più intelligenti di noi.
So che questa domanda potrebbe stupirvi, ma, si sa, al cervello degli scrittori non si comanda, perché esso va dove lo portano le sue sinapsi seguendo ogni tipo di vento, dal maestrale allo scirocco, dalle trombe d’aria al ponentino. Non so nemmeno io da quale di queste correnti sia arrivato tale quesito, ma fatto sta che ha bussato alla porta delle mie sinapsi senza, come sempre, chiedere il permesso, è entrato e si è sistemato comodamente nel cuore.

Il figlio dell'inganno

Sotto lo sfavillio strabordante di un falso capitalismo, che altro non è che il mezzo della sorveglianza sui nostri deboli istinti di massa, si muove un uomo ai margini di se stesso, un funambolo senza memoria con tratti di scosse elettriche spezzate, che gli sembrano sensazioni vitali e che, invece sono solo una macerata rappresentazione nel circo oscuro di una provincia abbandonata.

Il Mistero

Il Mistero è l’elemento più fedele della nostra esistenza, è una presenza perenne, ci accompagna ovunque e ci mantiene sempre tesi verso di lui anche quando non ce ne accorgiamo. Ci tiene dentro il suo ventre con quella fisionomia di tratti solo immaginati, ma proprio per questo più incisivi di qualsiasi forma definita, ci fa porre domande sospese sulla sua natura, ci fa sperare di poterlo scoprire immortalando la nostra capacità di penetrare nelle sue vie.
Il Mistero… il più grande enigma del nostro fluire, ma anche il più astuto antidoto contro la noia…

Il nuovo volto dei miracoli

I Miracoli oggi sono: riuscire a connettersi al Servizio Utenze, ad avere un rimborso Irpef, Imu, Tasu, Tarsu, Sinistri e tante altre sigle che affollano i nostri file.
Riuscire a parlare senza che le tue parole saltino, come da un precipizio, nel cesto enorme di capziose interpretazioni.
Riuscire a regalare qualcosa a qualcuno senza che il tuo regalo venga spaccato in due dalla frase :”Ma perché l’ha fatto?”
Riuscire a incontrare un altro essere umano senza che il puro, primitivo, piacere diventi quell’utile oscuro radiato dall’albo del totale disinteresse, un albo che sta per essere eliminato.
Riuscire a sprofondare nel tempo lasciandosi cullare dal pensiero, tanto per giocare un po’ con la mente, senza dirigere le sinapsi cerebrali nelle paludi dell’ansia.
Riuscire a raccontare qualcosa ad una platea che possa ascoltare senza che attorcigli la tua lingua nell’afa di schematici labirinti.
Insomma… oggi, i Miracoli, ancora di più di quelli di ieri, hanno bisogno di essere sorretti dalla forza del Divino, perché sono incastrati nel buio dell’esistenza e devono riuscire a riprendere in mano la loro vera identità.

Il respiro dell'arte

Quando uno scrittore si trova davanti a un’immagine densa di Bellezza, dentro di lui esplode il desiderio di trasformare quella stessa Bellezza in parole piene ed evocative. Allora comincia a viaggiare dentro i suoni per riempire il silenzio di quella forma che l’immagine ha dipinto anche fuori da sé stessa, lanciando, attraverso le parole, messaggi oltre il perimetro del visibile. Ed è a questo punto che i confini si cancellano per vibrare all’unisono nel luogo dell’Arte.

Il salto della crisalide

Dopo spostamenti d’aria a temperatura bollente, tiepida o gelida, io sono, oggi, ciò che sono dopo aver barcollato nel pieno di quei vortici, attraversato paludi poi bonificate con la complicità di un orientamento prospettico ad alta definizione, respirato in corridoi troppo stretti per il mio bisogno di volare ad alta quota. Ma se sono ciò che sono è perché non ho avuto sconti e dentro quei blocchi ho ricevuto la spinta per oltrepassare quelle scene di vita piene di sfinimento.

Il tempo non è danaro

Il tempo è uno spazio nello spazio di noi stessi.
Quando capiremo questo dato “oggettivo” della nostra esistenza, non andremo più in giro a far cadaveri, con nelle mani uno spaventapasseri costruito a nostra immagine e somiglianza.
Il tempo è quella forma di vita dove camminare scrutando il modo in cui collocarci nella sua scia, senza contarne i battiti che vanno via solo per dire a noi stessi che lo stiamo perdendo.
Il tempo non è una triste misurazione di pochi spazi che ci restano man mano che fila via.
Il tempo è il nostro vento, la nostra spinta, la nostra motrice.
E anche quando ci sembra andato senza ritorno, basterà un soffio, un ricamo della nostra vita passata a ricordarci che vuole ritornare da noi in forma cristallizzata nella memoria.

Immaginario collettivo

È una potentissima cassa di risonanza, una macchina di compulsione che lavora con meccanismi molto efficaci, diventando il principale propulsore di tutto ciò che facciamo. Un marchingegno diabolico che ci manovra in ogni istante della nostra quotidianità.
Che giorno glorioso potrebbe essere se arrivasse quell’alba in cui ognuno di noi, con gli occhi verso l’infinito, riuscisse dire:
“Mi sono finalmente svezzato dai suoi tentacoli!”

Immagini

Mani striate da linee narranti che soffiano sospiri, mentre la vita si rinnova. Sorriso acchiappa lacrima; risate che spacciano simulato dolore; occhi grandi, affamati di fantasie; suoni che sbucano dal sibilo dell’etere; rabbia a fil di cuore, rinchiusa in un affanno sottile; fame di gioia sognata nel ripetersi di un generoso pensiero che si prodiga senza tregua; noia accumulata nel tempo di una vita scambiata per vita. Tutto questo tra le pagine della storia di ognuno che si specchia in quella dell’intera Umanità.

Impatto neuro-mediatico: la potenza della visione

Le immagini e le storie estreme iniettano nell’essere umano desideri estremi. La pubblicità scaraventa dentro di noi voglie bollenti di emulazione. Le voci esaltate nel descrivere un’impresa da “onnipotenti”, o l’ebete allegria per aver portato a termine un’azione insulsa, mostrano l’artefatta eccitazione dell’attore che non buca solo lo schermo, ma anche il nostro cervello. Una storia, ormai eterna, di parole, suoni e visioni, spesso squallide, create ad arte per trasportarci nelle ombre della natura umana. Con le nostre frustrazioni, accumulate nel corso di una vita sghemba e fuori centro, ci riflettiamo così in uno specchio incrostato, ad opera di specialisti del settore, che hanno dimenticato quanta immondizia vola fuori dal loro apparato psichico. 

Impronte nella memoria nell'universo

Ogni vita dalla più umile a quella più impastata di successo, mentre percorre sé stessa, si consuma, ma non svanisce mai completamente: ciò che resta viene raccolto dall’Infinito come un’impronta nell’intero Universo. Contribuisce a far crescere la raccolta di forme che  ne faranno nascere altre all’infinito, in un movimento eterno.

In atelier

Una porta, un campanello, un incontro… in un tardo pomeriggio di settembre, il mese più dolce di sempre quando il Divino lo vuole. Uno sguardo, un indugio, poi entra per rispondere con curiosità a un invito di qualche mese prima: “Quando sei a Roma vieni a vedere il mio studio!” 

Entrambe creano immagini, l’una con le parole, l’altra con i colori lavorando e sperimentando fusioni e di forme e di materie prime come la pietra. Sono due donne riservate e sospese sul mondo, l’una quando tocca la sua speciale dimensione segreta attraverso la scrittura, l’altra grazie alle sue visioni sul mondo tra le pieghe del suo essere “altrove”, davanti alle tele bianche che accondiscendono poi al suo ingegno, forse sorprendendo anche l’aria. 

Lei non è esperta d’arte, ma di emozioni sì e quante ne ha infilate dentro le sue amate parole! Da questo punto di vista sembra “aver venduto l’anima al diavolo”. Ed è proprio attraverso quel suo diavoletto impudico che in questo fulgido pomeriggio di settembre inizia a girare da una stanza all’altra in un percorso apparentemente disordinato, ma di cui conosce perfettamente la trama. Comincia così a far saltare le tele dell’artista dentro il suo centro emozionale, mentre lei ne spiega la narrazione: ognuna ha un vissuto, fosse anche solo un dirompente stimolo nato tra le rocce della sua amata Sorrento, un posto le cui sillabe le riempiono gli occhi quando saltano fuori dall’anima.

L’altra ascolta e ripete tra sé e sé: “Sì, sì, questa donna è piena d’Arte, sì sì…” e d’improvviso, scorge, a terra, una tela più piccola delle altre, con dentro i suoi colori preferiti dentro il suo passato preferito, quando aveva calcato le scene. Visto il suo interesse, l’artista le spiega che quella tela non è delle sue migliori creazioni, ma nell’altra, ormai, lo spiritello è partito e sta in piena danza fluttuante con la ragazza seduta sul pianoforte davanti a un sipario chiuso, rosso, nero e oro. 

Alla scrittrice non resta altro da fare che chinarsi, prendere con le sue piccole mani la tela e avvicinarla a sé, sapendo che, anche se inconsapevolmente, quell’ artista ha per lei compiuto un miracolo, sorprendendo, appunto, anche l’aria.      

In giro per i campi

Molti erano stati i fiori che aveva colto, ma pochi, quelli davvero profumati. Non si era risparmiata, aveva annusato petalo dopo petalo con grande intensità, tirando le narici verso l’interno fino a seccarle quando quel fiore non aveva più il profumo del giorno in cui lo aveva colto, il giorno della fragranza piena, quando aveva esclamato: “Sarà quello giusto? Ci provo! La vita va vissuta con i palmi aperti e non verso il basso… la terra sì, è bella, è possente, ma la fragranza del cielo, beh, è tutt’altra cosa!”
Poi, troppo spesso era arrivato il giorno in cui puf… quel profumo aveva esalato l’ultimo respiro e lei si era trovata a dover girare, per forza, i palmi verso il basso e riacchiappare la terra possente per camminare senza annusare nessun altro fiore. Però, grazie a quella terra, man mano ritornando in vigore, era ripartita, mai dimenticando che i fiori veramente profumati avrebbero potuto riproporsi. “Un nuovo inganno? Pazienza! Almeno potrò respirare ancora quella fragranza!” si era detta. E ancora:” E perché no, se grazie ad essa le mie mani riusciranno ancora ad aprirsi. Tuffati e sbatti il naso e se nel campo non ci saranno più profumi ci sarai sempre tu con la tua fragranza per rianimare quei pochi petali rimasti odorosi e che stavano per perdere il loro profumo per sempre, solleva la lapide che si erano costruiti e riportali a vagare per i campi!”

In giro per il mondo

Davanti a tante immagini lei e solo lei, la mia penna, si eccita e come un uccello in volo apre le ali e parte per ritrarre ciò che vede, ciò che tocca con il suo svolazzare negli angoli più impenetrabili del mondo, nelle anime più restie a farsi scoprire da sguardi troppo aperti, nel mio respiro che soffia sulle parole.
Mi fa scovare pagine di Storia dell’umanità che al suo tocco risveglia, nel bene e nel male, fisionomie sepolte nella Memoria, o nascoste nella folla del presente, o immaginate nei Sogni del futuro.
E chissà, se proprio grazie a questa penna, un giorno nel voltarmi indietro, potrò scoprire, persino, di essere riuscita a dare anche a un solo essere umano, l’emozione giusta per ridargli la voglia di vivere.

In punta del cuore

Ho una parola non sulla punta della lingua ma del cuore: dopo tanti sforzi sono riuscita a farla risalire alla memoria: si chiama “pace”!
Non la ricordavo più perché siamo in guerra h 24, sì, perché guerra non è solo quella armata, è quella dei gesti, delle parole, delle accuse, delle critiche, dei falsi sorrisi, dei retro-pensieri. Con quanta roba si può fare la guerra! È davvero impressionante, e persino quel cuore che vuole ancora ricordarsene, perché ne ha tanto bisogno, fa fatica a trovarla. Si dibatte in una caccia al tesoro, nel trovare quell’ago nel pagliaio. Ma se è sano non può arrendersi e si strazia finché non la trova: Pace!

Incisione

Ogni evento disegna su di te una forma, quella che ti porti nel tempo a venire, e alita su di te un pezzo di strada, un ricamo dritto o storto che sia, scandendo il ritmo nel disegno della tua anima e del tuo corpo.
Ogni evento ricama la tua storia all’interno della Storia del mondo, scrivendo una Memoria Universale.
Procedi nel campo senza voltarti indietro, ma se senti l’esigenza di una retrospettiva ricorda sempre di vedere nel tuo specchio la radice del respiro del tuo presente.

Incontro difficile

La pelle si stinge verso il grigio oliva, gli occhi si tirano dagli angoli e si restringono in uno sguardo fisso, il respiro si accorcia, le parole smascherano subdoli intenti, la voce resta in gola ingabbiata dalla fuliggine di una volontà malefica. Chi trova davanti a sé questo tipo di ritratto scappa o perché ha davanti lo specchio di se stesso o perché teme di diventarne preda. In tutti e due i casi rischia di vivere un’esperienza indesiderata.

Indigenza interiore

Rumore di ferraglie dentro il cuore; umida canicola; respirazione affannata; colori sbiaditi; parole bugiarde; sorrisi appannati; battiti cardiaci arretrati, come se battessero non tra le costole, ma tra le vertebre, per non farsi acchiappare dall’Amore; passi sordi, sordidi e furtivi, ingannevoli; mani chiuse a pugno dentro le tasche dalla fodera rotta, che per tirarle fuori rischiano di graffiarsi; occhi semi chiusi che aspettano una nuova preda per aprirsi… ma sapete qual è la caratteristica più marchiana dell’indigente interiore? Non accorgersi che quando mangia si sporca.
P.S Non vi preoccupate: sarà il caldo. Non mi è successo niente. Sono solo una scrittrice, la cui mente si muove come una girandola infuocata.

Inganno

Mille colori, mille effetti speciali, pubblicità da capogiro per oggetti multifunzionali, inutilmente necessari alla nostra quotidianità, risolutori effimeri di tutti i nostri effimeri problemi… e noi, fragili, ipnotizzati al punto da maturare desideri ossessivi per dei sogni consumistici che non risolveranno mai il nostro più grande problema: essere un essere umano che è sfuggito a se stesso!

Innocenza

Esiste un’innocenza che va dritta al segno. Ha un respiro sottile, non perde tempo a guardarsi allo specchio, non si impantana in nessun abbellimento, non si confonde le idee con nessuna morale. Avanza solitaria verso la meta e quando l’ha raggiunta sa che può definirla solo in questo modo: ricamo di un’anima leggera.

Insolita anatomia dell'intelletto

Quando sarà, molto lontano in questo tempo lineare, desidero oltrepassare la Grande Porta abbracciata al mio intelletto, risorsa che mi è stata donata dall’Ente Supremo per alleggerire il mio percorso in questa dimensione terrena. Mi è sempre sembrato come un Angelo che mi tira via dai guai, sospendendomi ad alta vibrazione energetica dentro il suo recinto. Depuro così il Male e riscuoto quella quota che ci viene spesso data, senza che ce ne rendiamo conto, gratuitamente, dal Bene.   

Integrità

Non si tratta di morale, ma di luce! Accendiamola! Adesso! Altrimenti sarà troppo tardi…

Intrattenimento

Ma perché abbiamo così tanto bisogno di essere intrattenuti dal Sistema? Partite, concerti, spettacoli, pubblicità, gadgets straordinari, novità sensazionali, realtà virtuale che mangia quella normale, pettegolezzi omicidi etc, etc.
Forse la risposta è :”Abbiamo paura di morire?” Ma visto che tutti dobbiamo arrivare là, non sarebbe meglio arrivarci non lobotomizzati?

Investimento a lungo termine

Non si tratta di un investimento economico, ma umano, di risorse dell’anima. Fare un investimento con questo tipo di gestore è una possibilità aperta a tutti, ma non fidatevi tanto, perché l’Anima è molto selettiva; però nel momento in cui la si asseconda veramente non si avranno mai più problemi di nessun tipo: dobbiamo solo metterci in ascolto.

Ironia della sorte

Sono un’orientale prestata all’Occidente. Sono una donna pacata, che combatte solo e unicamente per destino. Ma, dentro, nelle profondità del mio sentire, sono una contemplativa che, all’interno di una sola nuvola bianca, quella più vicina alla luce del sole, si rinchiuderebbe, immobile, ad ammirare il Mistero.

Ispirazione

Non sai bene cos’è. Ma sai che quando è in arrivo, la realtà sensibile si trasforma: non la vedi più con dei contorni definiti, ma con delle linee ondulate che, all’improvviso, possono trasformarsi in qualcos’altro, in un ricordo, in un pensiero, in un’idea da cui partire per andare altrove.

L'Imponenza del Mistero

Il Mistero è imponente per natura, non ha bisogno di nessun piano per affermare se stesso. L’essere umano annaspa nel tentativo di percorrerne i sentieri e spesso ne nega l’esistenza a causa della propria incapacità di svelarli. Infantile quell’uomo che non ne coglie la ricorrente mutevolezza cercando nei dogmi la sua identità. Solo chi si lascia condurre dalla sua imprevedibilità, potrà entrarvi dentro con totale abnegazione.

L'intelligenza del silenzio

Diventa la cosa che fai, mentre resti attento a ciò che sei!
Ma se non sai chi sei non puoi fare bene ciò che fai. E allora fermati e “prenditi” prima di ricominciare a fare, altrimenti diventi una mina vagante per te e per gli altri.
Per un po’ abbi l’intelligenza del silenzio. Solo così potrai lasciare dietro di te scie senza inganni e sentieri da seguire.

La fuliggine sul cuore

Nel corso della sua vita erano stati molti a soffiarle sul cuore. Lei li aveva lasciati fare, perché ogni volta pensava che qualcuno lo sapesse fare meglio di colui che lo aveva preceduto. Era pronta sempre a riaprirlo, spalancandone le vene, accelerando il battito che, a ogni colpo, sembrava saltare fuori e ballare un delicato ed eccitato tip tap.
Gli slanci erano freschi, nuovi, insoliti, lei si sentiva tonica e fiduciosa, dandoci dentro con tutta se stessa, senza sconti.
Poi, non ricordava quanti giorni, mesi o anni ogni volta passassero prima che cominciasse a soffiare un vento contrario, ciò che contava era che, immancabilmente, accadeva. Così da un po’ aveva smesso di lasciarsi soffiare sul cuore e quando qualcun altro si avvicinava ancora lei lo guardava, gli accarezzava la guancia e gli diceva con dolcezza e due occhi da cerbiatta. “Scusa, ma ho la fuliggine sul cuore!”
p.s. niente di personale, solo storia di vita comune.

La grande illusione

Tutte le forme del mondo sono testimonianza del Bene e del Male, del brutto e del bello e, dunque, nascondono dentro se stesse un’infinità di storie in un perenne fluire di vita e morte, gioie e dolori, encomi ed elogi, vituperi e maledizioni. Non una sola è esente dall’illusione che l’uomo abbia voluto imprimere nelle loro fattezze e che, un giorno, sparirà con lui. Ma, forse, l’essere umano si è così abbrutito, perché nella parte migliore di sé sa che un giorno dovrà abbandonare ciò che pensava fosse suo e che, invece, non è di nessuno, perché è un’Illusione. Davanti a questa Grande Illusione non abbassa la testa, ma vuole imporre il suo fallace dominio di cui, prima o poi diventerà vittima e carnefice in un delirio senza ritorno se non nella Grande Illusione. Allora, solo allora, quando ne diverrà consapevole, troverà finalmente la pace.

La mano Irrazionale della Storia

Quanto cemento ed elettricità l’uomo ha messo tra la terra e il cielo, creando barriere al libero fluire delle Energie!
Quanta poca originaria fattura è rimasta in lui da quando ha sbattuto il naso contro tanta rigidezza, sconvolgendo i suoi umori ed elettrificando il suo respiro!
Quanta transumanazione ha permesso che si compiesse nei pori della sua pelle rigata da ormai sbiadite ramificazioni del sangue!
Ma c’è una cosa che non potrà disintegrare mai: la Mano Irrazionale della Storia che ancora sta provando a salvarlo!

La mente è molto più libera di noi

La mente non vuole essere disturbata, ma noi lo facciamo di continuo.
Quando iniziamo a compiere un’azione lei entra nell’humus di quell’azione con tutta se stessa: diventa quella stessa azione. Non importa che tipo di cosa facciamo, dal dormire al mangiare, al lavorare, al fare all’amore, a giocare, al soffrire, al gioire…tutto! Ma noi tendiamo sempre a tormentare la sua esistenza attraverso palpiti e ansie di ogni genere, finché lei, esausta non ci chiude i suoi meravigliosi cancelli, forse consegnandoci anche nelle mani di una bella malattia che noi scambiamo per vecchiaia…
Quando impareremo a lasciarla in pace, per darle i suoi tempi e il suo respiro?

La nuova Matrix

Navighiamo con la vela infuriata del tempo con dentro di noi pensieri che il tremore fa slittare nel buio dell’oblio..
Ora siamo il nostro specchio, l’immagine che oscilla tra quella di ieri e quella di oggi in una danza ancora sconosciuta.
Parole inconcludenti, terrore esponenziale, confusione indotta e in quello specchio ci vediamo bruciati in una nuova Matrix.

La raccolta del tempo

Ci sono delle ore, degli istanti, delle scene di quelle ore e di quegli istanti, che restano attaccate per sempre ai pensieri.
E così, dal nulla, mentre ti sembra di pensare ad altro, di essere ormai lontano dal già vissuto, ecco che parte un’immagine simile, un colore, un odore, persino un’ora sul quadrante dell’orologio che combacia con una luce del giorno o della sera, quella, la stessa! Ed ecco che parte come una freccia carica di tensione la sagoma di allora.
Molti la chiamano “ricordo”. Ma, in questi guizzi “famelici”, fatti di pezzi già assaporati, c’è dell’altro, una specie di impronta che non vuole svanire, perché è ancora lì per farti capire che tu, insieme a lei, ci sei ancora. E così, attimo dopo attimo, si rinnova l’onda del tempo.

La realtà di creta

Quando hai una penna nel cervello, che si muove servendosi delle parole connesse alle sinapsi come tentacoli, allora la realtà si offre a te senza condizioni: si lascia modellare abboccando all’amo. Si fa portare dove vuoi, abbandonata ad una specie di sonno, arruffata o distesa, appena sfiorata o penetrata nel profondo, spennellata da colori di fuoco o più pacati, in cui si specchia come una sorgente inesauribile di forme, slanci o immagini fissate da un fotogramma. Vive di quelle parole che l’hanno descritta come ondeggiando in una danza che la rigenera di volta in volta.

La talpa

Grazie alla scrittura vedo cose che altri non vedono, mi intrufolo negli angoli più reconditi di un luogo, di un gesto, di una frase, di me stessa. Il mio corridoio sotterraneo diventa, così, carico di scoperte, un meraviglioso film che dilata la visione e la percezione del reale, calando i veli e aprendo un mondo ad alta definizione. Raccolgo, attraverso questi viaggi sommersi, nient’altro che la vita vera e non quella esposta come finto spaccio di ognuno di noi, in un’epoca in cui nascondiamo i nostri lineamenti dietro un patinato vernissage da fiera.

La tecnica dello spirito

È un’abilità molto particolare, elegante e silenziosa nel far prevalere sempre, in qualsiasi momento, un’espansione di linee vitali piene di colore sui fantasmi della nostra esistenza, smuovendo l’aria intorno a noi, anche quella più pesante. Non dobbiamo andare a cercare lo Spirito chissà dove, come una filosofia misteriosa, intangibile e irraggiungibile, immaginando che non abbia niente a che fare con la nostra vita quotidiana. E se riuscissimo a pensare che sia, persino, la nostra pelle a poterne essere avvolta, abbandoniamoci all’idea che anche questo potrebbe portarci a captare le sue linee tonificanti pure sul nostro corpo, ma partendo dall’Anima.
Buon viaggio! E buon lifting

La voce di settembre

Quel manto leggero che non sa né di afa né di gelo, quell’equilibrio che sa di pace, quella carezza di velluto. Ma dov’era finita? Dopo l’afa disarmante di Agosto l’ho desiderata non sapete quanto. L’ho cercata dappertutto, persino negli anfratti delle umide rocce ai piedi delle montagne. L’ho voluta prima che arrivasse il suo tempo, il suo mese e con la pelle madida, a occhi chiusi, ho immaginato l’aria rarefatta che accarezzava la mia pelle stanca di apparire translucida. Era il riflesso bollente del cervello esausto, a caccia del suo perduto centro.
Ma ora sono libera, finalmente immersa in quella voce che ora è dentro e fuori di me al posto di un’estate straziata dall’arsura. L’ accolgo a piene mani, mentre dico: “Ben venga la voce di Settembre!

Le impronte del cielo

I sogni sono le impronte del Cielo che avanzano verso di noi attirandoci nel loro incantesimo; premono dentro le nuvole, smembrandole. Al loro passaggio ogni urlo rimangia la sua voce trasformandosi in un silenzio dorato e ogni eco del Male si liquefa strisciando all’indietro verso se stessa. Non ci sono più greggi ululanti, ma solo parole piene di radiosa Intelligenza, geniale ricamo di forme di saggezza disperse dalla Storia.

Le parole

Sta salendo la piena… le parole vogliono uscire, perché spinte dai pensieri che premono, non vogliono restare chiuse nel cervello, ma esplodere nell’aria, tagliando il cordone ombelicale per roteare libere nel mondo.
Raggiungeranno altri cervelli, verranno condivise, approvate o rifiutate, diventeranno slogan o filosofia di vita, saranno ricordate o dimenticate come poco incisive nel sostenere la vita degli esseri umani. Le parole… nessuno pensa mai a quanta importanza hanno nel ferire, amare, fare Storia oppure nel recidere il loro rapporto con la vita, spegnendosi nell’oblio. Le parole… quanta forza hanno nel cervello di chi, invece, non ha intenzione di tirarle fuori, ma di accumularle dentro la propria mente, come in una condensazione, una grotta di stalattiti dai vari aspetti e colori che restano come fotogrammi segreti, a rispecchiare la felicità o il dolore di chi le possiede, a ridisegnare i ricordi e i sogni senza chiedere niente, fisse lì come prove di ciò che è stato e di ciò che potrà ancora essere. Le parole…ci chiedono una sola cosa, di usarle mantenendo la loro capacità di evocare senza essere distorte, lasciando che il loro potere resti ciò che è: dare linfa a chi si assume la responsabilità di usarle.

Le parole del mare

“Guardami, esisto! Fermati, parti da me per ragionare sulle cose della vita. Non fotografarmi per portarmi dietro in cartolina, non serve; fammi esistere nella mente quando non mi vedi, quando non mi tocchi col tuo corpo; la mia onda ferma, cura, dà
fremiti. Non senti come ti respiro dentro, in ogni lembo? Io non posso essere un’avventura di passaggio, non posso finire all’orizzonte. Tirami, portami oltre, dammi quell’ampiezza che è mia e che io ti do’ senza ricatti!”
(dal romanzo “SOGNO”)

Le vele dell'Universo

I sogni percorrono l’intero Universo, sono le sue vele vibranti. Si pensa ad essi sempre come la rappresentazione dei propri desideri, ma se Shakespeare e Rilke hanno espresso l’immaterialità e divinità della loro forma, vuol dire che essi superano qualsiasi strettoia per invadere quello spirito emozionale che governa il Cosmo. A noi, quindi, viene chiesto di spingere la nostra vita nell’Oltre e oltre ancora sempre in avanti per immergerci dentro la loro tangibile e grandiosa Epifania.

Le voci dell'arte

Un’onda in piena avanza…e giù le parole sul foglio.
Un’onda in piena… e giù i tratti sulla tela… sulla statua.
Un’onda in piena… e giù le note sullo spartito.
Quanta foga sublime c’è in quelle onde in piena!
Quanta arte da dare al mondo, attraversando l’anima!
Quante vibrazioni ci sono da regalare a chi legge, a chi guarda, a chi ascolta!
E quanta gratitudine c’è verso il Divino silente, ma rumoroso, dentro chi ha scritto, chi ha dipinto, chi ha composto!

Lei

Occhi palesemente rigati d’amarezze lontane che di tanto in tanto ritornavano dentro il suo sguardo di ora: al loro passaggio lei abbassava lo sguardo come a proteggersi dietro dei frangiflutti contro onde anomale. Talvolta quel passaggio diventava un se pur breve soggiorno di un ospite scomodo, davanti al quale non riusciva a essere cortese, un’invasione di campo che la faceva sbandare come quando, da piccola, imparava ad andare in bicicletta senza le rotelle laterali.
Ma quando poi l’ospite indesiderato aveva esaurito la sua forza, i suoi occhi si riaprivano, riuscendo ad apprezzare ancora la linea dritta dell’orizzonte. Allora lei lo guardava dritto in faccia, piantonandoglisi davanti senza farlo entrare più in casa. Almeno, così facendo, aveva preso a diradare le sue visite non gradite.

Libero pensiero

Parlare con i ricordi significa attraversare il tempo. E’ un viaggio nell’Eternità o un film di fantascienza. Dipende dall’ottica con cui lo si attraversa. Se contemporanea o più antica… Entrambe rappresentano un percorso preciso: l’una con il fermento di un’azione immediata, l’altra con una sorta di diluito languore dell’anima. Bagnarsi nell’una o nell’altra, percorrendo ciò che più ci va in quel momento, può fare persino da balsamo alla Grande Noia di questa Storia che ripete sé stessa da secoli con parametri nebbiosi e oscuri, salvando la pace di quei ricordi, appunto, che sembrano uscire dalla Storia stessa con un’impennata di Genio e Vigore.

Libertà

Antico nome perduto! E Sperduto! Che vaga di mare in mare sperando che qualcuno lo accolga…

Lo scrittore

Uno scrittore è colui che ingoia le immagini della realtà seguendone il tracciato nascosto, scovandone l’origine, la loro essenza primaria, il loro recondito percorso. Ne fruga ogni anfratto riempiendosi di una dimensione “straordinaria” che colmerà qualsiasi sua mancanza come semplice essere umano e che lo unirà alla “Grande Incognita” di un mondo parallelo.
 

Lo specchio

Lo puliva ogni giorno con delicatezza e poi si guardava con attenzione, ma non osservava tanto il suo aspetto quanto quei disegni attraverso i quali si rifletteva la parte di sé più nascosta. Erano impercettibili, ma scrutandoli, a poco a poco, riusciva a far vibrare quella parte e a farla uscire allo scoperto dalle profondità alla superficie. Era così che captava, da una piega del viso, il pensiero da seguire, da uno sguardo più liquido o più fermo, l’emozione da interpretare.
Dopo aver raccolto quei segnali si sedeva comodamente e cominciava a viaggiare in quello che aveva stanato, con coraggio, intuizione e ironia. Questa tecnica, facendola rinascere, le dava tanta pienezza di vita e le evitava di doverla dare vinta all’insistente ricamo di quei manipolatori occulti che vengono chiamati: cadaveri nell’armadio.

Lo stato dell'Anima

Lo stato dell’Anima crea le nostre immagini. È il canale dei nostri umori che irrompono nella realtà e sulla nostra pelle. Ma siamo poco attenti a tutto questo, perché quando ci guardiamo allo specchio, ci soffermiamo solo sull’ultimo passaggio, quello che si stampa in superficie: ne vediamo il risultato senza recuperare la fonte che lo ha prodotto. Ma se ci apriamo al vero sapore dell’Anima, i tratti di ciò che vediamo diventano più sinuosi recuperando una trama molto più completa, perché ha attraversato tutto il sentiero prima di arrivare in superficie, non per abbagliare, ma per comunicare le vere linee che la ritraggono senza inganno.

L'ubriaco

Una sera un ubriaco mi si avvicinò tra le pieghe delle notti romane, di quelle miti, in cui il clima si abbandona nelle mani di una Storia secolare, bloccando l’eco nelle pietre. Non so perché non ebbi paura. Mi guardava senza chiedermi niente; i suoi occhi erano lucide gocce orizzontali, amiche, con una sete d’amore che straripava nell’aria elettrizzandola di purezza e bontà. Mi sorrise. Io continuavo a non aver paura e poi, ad un tratto, mi chiese sbiascicando:
“Come ti chiami?”
“Francesca!”, risposi. E lui:
“Grazie per non avermi spinto giù nel Tevere… Ora ti saluto, vado a dormire, ma non fidarti degli altri ubriachi che potrai incontrare e va’ a dormire anche tu, è tardi!”
Quella notte dormii con la forza più leggera che abbia mai sentito in vita mia.

p.s. Fatto realmente accaduto, in data 15 marzo 2012

Lucidità

La vita è un viaggio di emancipazione verso la solitudine. Questa non vuole essere un’affermazione dolorosa ma una solida presa di coscienza in cui a mio avviso ogni essere umano dovrebbe sistemarsi senza tristezza, ma anzi con un senso pieno di libertà conquistata!

Luoghi del cuore

I luoghi del cuore sono, o meglio possono essere, ovunque, anche tra quattro mura, a patto che su quelle quattro mura ci sia la luminosità integra del coraggio nel chiamare le cose con il loro vero nome, che ci sia l’audacia nel vedere in questa vita quella spinta a volere, con tutte le nostre forze, assaporare l’unica cosa per la quale vale la pena di vivere: il sapore dell’esperienza vissuta sfruttando al massimo ogni potenzialità.
I luoghi del cuore devono restare sempre puliti, dentro c’è sempre una dolcissima musica che ci salva dalla follia. La maggior parte di noi non crede alla loro esistenza, ma per vederli bisogna solo emozionarli. Allora le note di quella musica salvifica cominciano a volare senza nessun pentagramma, perchè non ne hanno bisogno, libere cosi di creare a loro piacimento senza nessun rigo che controlli la loro andatura.”

Magica notte

Magica notte per uno scrittore che ricomincia a scrivere dopo giorni di silenzio, giorni in cui aveva pensato che il miracolo non potesse più ripetersi, quel miracolo di far danzare le parole proprio nel posto giusto, legate le une alle altre da misteriose assonanze . Magico fervore del respiro che ritorna a distendersi fra quelle parole create per chi vi si immergerà, trovandovi o pace o gusto o emozione o anche pura e semplice balordaggine, ma comunque trovandovi qualcosa con cui giocare a sua volta. Magico nuovo impennarsi della forza creativa che ricomincerà a dare senso alla sua vita come unico porto da cui salpare e dove riapprodare dopo
giorni di silenzio guardando verso quel nuovo orizzonte che aspettava di essere ridonato alle parole.

Magnetismo

Una parola tirava l’altra come le ciliegie staccate dal ramo. Nel parlare si sentiva come tirata dalla piena di un fiume.
Attorno a lei tutti ascoltavano in un silenzio tanto profondo da sospendere l’aria.
Lei seguiva quel miracolo di cui non si sentiva protagonista, ma semplice strumento di una forza che la superava. I suoi occhi erano dilatati da un bagliore leggero e volatile, il tempo segnava un ritmo costante e fluido.
Quando ebbe finito ci fu un lungo frammento di nostalgia, prima di un’esplosione di applausi.

Malinconia

Spesso, una sorta di magone, di cui non sappiamo la provenienza, ci prende all’improvviso. Forse giunge da una Forza che pervade ogni cosa e che però ci sfugge e che vorrebbe segnalare un’inquietudine che, se svelata, racconterebbe qualcosa di noi e della nostra anima… Ne abbiamo paura?

Matrix intrecciate

Occhi puntati sullo smartphone, dita veloci sul whatsup, cervello già in direttiva con l’ Intelligenza Artificiale che risponde a comandi pilotati.
Vecchia Matrix, addio! Lei resta negli urli della piazza, mentre la nuova si isola alla mini, media, grande consolle dello smart working.
E’ possibile coniugare entrambe? Siamo ancora nell’Ibrido! Per cui ai posteri l’ardua “sembianza” e “forma” o è già a noi la risposta?
Per ora siamo di certo nell’ affanno di due Matrix intrecciate.

Messaggio

Immagino Dio come una grande visione che si compone e si scompone nel suo raffigurarsi, ma che resta intatto nell’Essenza e, in quanto tale, aleggia sull’uomo con un vigore eterno.

Metafora

Quel giorno non riusciva proprio a lasciarsi catturare dal cielo. Eppure, in genere, sapeva bene come fare a trattenerlo dentro di sé. Bastava uno sguardo verso la sua Bellezza e ogni cosa spariva in quella dimensione “altra” di cui la sua immagine d’intenso blu era testimone insieme agli astri che ne riempivano lo spazio.

Ma oggi no, oggi aveva lo sguardo verso il basso, verso la terra scura e scomposta, scossa come dopo un’alluvione in cui la materia si impasta attaccando lo spazio tranquillo e pulito della natura. Forse, oggi, per tornare con lo sguardo verso l’alto avrebbe dovuto pescare proprio nel torbido senza snobismi, avrebbe dovuto chinare la testa verso il basso. E così fece. Dopo qualche ora ne uscì esausta, aveva alzato il coperchio e Pandora ne era uscita trionfante galleggiando nel suo dolore. Ma ora, finalmente sapeva che rompendo il vaso il cielo era tornato a dire la sua dentro di lei.

Metaforicamente parlando

Spesso le capitava di andare in giro per la sua vita trascorsa rovistando ora qua ora là tra pensieri e azioni, da quelle più incisive a quelle più leggere e goliardiche, ai limiti dell’assoluta inutilità.
Ogni volta scopriva qualche pezzo in più, qualche fisionomia dimenticata, dove alcune scelte meritavano il premio “marchio di fabbrica”, mentre altre andavano messe in discarica. Eppure, nel rovistare alacremente, si accorse che anche quelle che andavano gettate nel cassone, tra un aspetto in putrefazione e l’altro, presentavano un gene potenziale che, se riciclato nel modo giusto, poteva essere usato per produrre ancora aria buona.
Poi si guardò allo specchio e vide la mappa che aveva così tracciato ritirarsi quatta quatta in un cassetto a portata di mano, mentre il cuore la rassicurava dicendole che l’avrebbe aiutata a indossare, da allora in poi, quel gene “ripulito”. Bastava solo rifinirlo in modo diverso…

Minimalismo

È tutta la vita che ho un’imprescindibile necessità: il bisogno di ridurre all’essenziale ciò di cui ho bisogno. Anzi, talvolta, penso di non riuscire a soddisfare a pieno questa mia intima spinta verso il “vuoto”. Allora divento inquieta, perché sento di stare annegando in un inutile mare di oggetti inutili, azioni inutili, persone inutili e anche, spesso, inutili pensieri, di quelli che sembrano darti soluzioni efficaci, ma che, in realtà ti danzano nel cervello senza una vera intelligenza. Allora mi fermo, punto uno spazio infinito e vedo, quelle ceneri che io stessa ho creato, volare via da me: si tratta di un momento ineffabile, di quelli che dilatano e allungano ogni respiro per riportarlo al centro di una vita degna di questo nome.

Miracolo

Prima questa parola contraddistingueva un evento forte che cambiava la vita di un essere umano o della Storia, oggi viene considerato miracolo persino la risposta di un call center. Si può andare avanti così?

Miscellanea

Non appena si addormentò tutte le immagini del mondo sembrarono radunarsi sotto le palpebre. Quella notte vide di tutto e viaggiò per ogni dove. Fu una vera kermesse di colori, suoni, sagome, chagalliane fluttuazioni, giochi di emozioni, misteriosi silenzi, sguardi leggeri e acuti, di quelli che narrano una storia senza parlare, di quelli che si fondono con lo spazio senza spostarsi.
Al mattino si svegliò sentendo che tutto ciò da cui era stata toccata fosse più reale di quello che ora, lentamente, avrebbe dovuto attraversare da sveglia in una realtà che sembrava sbattere contro l’illusorietà di se stessa.

Modalità interiori

E’ importante tracciare bene le proprie modalità interiori e navigarvi dentro a vista!

Consigli per l’uso della vita: è inutile raccogliere oggetti in modo compulsivo per essere felici, o amare ossessivamente animali in sostituzione di esseri umani. Si può essere felici, e questo è il miglior modo, autonomamente, senza trasferire su altri, in maniera ossessiva, che siano oggetti o animali o anche persone. E’ necessario per farla durare, prendersi la responsabilità di questa felicità.

Momento storico

Per valicare questo tortuoso momento storico, l’individuo deve diventare una forza in se stessa, ben oltre le distorsioni dell’ego. Questo è ormai un imperativo categorico!

Movimento

Gli esseri umani si muovono ovunque: vanno, vengono, ripartono. In casa, per strada, nei locali pubblici, nella realtà sfibrata. Sono gli operai di una fabbrica che mantiene accese le macchine H24, eppure… camminando anch’io fra loro, ho sempre la sensazione di vedere intorno a me tanti “fermi immagine”. Questa visione quasi onirica viene dal posto in cui il movimento ha conservato tra le sue pieghe voluttà e magnetismo; è un posto che non si svende, non si contamina e non si logora, ma, soprattutto, non ansima. E’ un posto che volteggia dentro di me da sempre.

Napoli

La città del sole che dorme triste, strizzata dalla pioggia e dal lockdown. E’ il 9 marzo 2021: dentro le case fermi immagine, umori poggiati su una parete di cartongesso, non di quelle che ti proteggono dai rumori salvandoti il cervello, ma di quelle che non osi spingere oltre per paura che crollino definitivamente, facendoti rotolare nell’aria rafferma.
In strada il colore plumbeo del cielo si fonde con quello dell’asfalto, deboli luci dei negozi di biancheria intima e di generi di prima necessità, gli unici ad avere il permesso di restare aperti, per vendere a pochi o anche a nessuno, arrancano nell’aria come sparuti ambulanti che fra poco raccatteranno la merce per andarsene con le casse semivuote.
Ma Napoli, oh Napoli! Resta là con la sua decadenza languida, i suoi monumenti spezzati, i suoi palazzi austeri e fragili, i suoi bassi urlanti, i suoi vicoli intrecciati a salite e discese… Ma Napoli, Napoli resta là a guardarsi spegnere senza rancore. E’ un bene o un male? E’ una risata o un pianto? Non si sa… Ma ciò che si sa per certo è che qualsiasi cosa accadrà lei sarà sempre quella Sirena nata tanti secoli fa e che se deve tornare nelle sue acque per sempre inghiottita dal mare e dalla Storia, sarà eterna Memoria.

Napoli punto e basta!

Perché a Napoli “niente”, ma “proprio niente” si sa, e chi pensa di sapere, resta spiazzato, perché la città si muove seguendo “improvvisazioni”: Villa Comunale, una panchina davanti l’Acquario con sopra sei copie di un romanzo dal titolo “Connessioni”. Ogni sabato il libro torna a sedersi là! Ci si domanda: “Ma chi lo ha messo? E’ un’iniziativa del Comune? Della Casa Editrice, o dell’Autore”. Domande senza risposte. E chi vive secondo “ogni lasciato è perso”, allunga una mano e si porta il libro a casa restando con domande senza risposta: perché si tratta sempre di “Napoli punto e basta!”

Notorietà

Io sono, tu sei, egli è. Notorietà: noi siamo, voi siete essi sono!
Ma siamo tanti!
Come si fa? Come si fa con tanta gente “in giro per la notorietà” a farsi notare.
Ce la farò, non ce la farò?
E per farcela a ogni costo andiamo in giro per i Paesi della Globalizzazione con il solco dello sforzo segnato sulla faccia, affidando a rimedi anti-stress il recupero delle forze.
Notorietà, notorietà: ovunque e sempre, anche in ambienti circoscritti: io sono, tu sei, egli è, noi siamo, voi siete, essi sono!
Pur di forare la barriera di piccole e grandi competizioni, miniamo altri circuiti indispensabili al nostro benessere: salute, bellezza fisica e mentale, cuore allenato al potere dell’intuizione che, più di ogni altro circuito, può realizzare i nostri sogni, solo però a condizione che siano quelli che, pur nella notorietà, siano utili alla consapevolezza interiore.
Un giorno capiremo, credo più presto di quanto pensiamo, che le luci della ribalta, o quelle che sembrano tali, si stanno stingendo, per lasciare il posto ad altre più luminose, perché non contraffatte e per questo trasparenti come cristalli.
Sarà meraviglioso!

Notte miracolosa

Calda musica di sottofondo sulla sua anima in pace, dopo una notte piena di immagini evolutive, di quelle che ti immettono in scie di luce da altre dimensioni, che ti regalano squarci indelebili di consapevolezza.
Giorno a seguire dove quelle immagini assaporate nel tepore della sua stanza piena di libri, quelli scritti da lei e da altri, piena di una variegata forma di sapere svolazzante su ogni cosa, si fondono con una realtà più ferma, meno volatile nell’etere caldo di ciò che resta sulla sua pelle di quella miracolosa notte.

Nuova direzione

Proviamo a sorridere al Male come quando sorridiamo al Bene. Proviamo a farlo quando il nostro Ego riposa, quando è distratto, quando abbandona momentaneamente la sua brama di controllo, quando nasconde persino a se stesso il suo desiderio di potere, perché allora, solo allora, riusciremo a far tremare l’impalcatura del Male, smembrando in un sol colpo la sua palude, le sue accette distruttrici per relegarlo nell’inferno che lui stesso si è creato. Solo quando questo processo sarà compiuto, come per miracolo, anche il nostro Ego palpiterà di parole nuove, piene di un sapore universale che accetterà il giocoso incanto del vivere semplice e pulito, mai gustato prima di scendere in campo per il giocoso e leggero vagare tra le prove dell’esistenza.

Ogni giorno una boccata d'aria

Non vuole mimare la vita di un carcerato, ma il piccolo paradiso di un innocente. Forse, e dico “forse”, di tutti noi.
Nel nostro andare e venire, qualsiasi cosa ci dia un piccolo o grande sollievo, non importa cosa, ognuno come può, ma che sia ciò che ci faccia fermare per un po’, o per più, aprendo i polmoni e ci faccia dire: “Ne è valsa, davvero, la pena!”.
Il respiro si placa, l’attimo si sospende, gli occhi si aprono, il cuore si accende. Trasvoli per un istante la terra. Tutto qui! Sta a noi cercare il ramo con cui dondolarci in un’aria migliore. E quando il percorso di ognuno riprende, portarci dietro il piacere fino a quando non ci sarà un’altra boccata d’aria. Forse, già facciamo tutto questo, ma, ahimé… senza fotografare ciò che stiamo facendo e benedire quella scelta di “amicizia”, buon senso e sano edonismo, evitando di aver paura del senso di colpa come nostro carceriere.
Firmato: una che vuole restare in salute.

Ombre

Non voglio sopraffarti con le ombre dei miei racconti, tra parole spezzate al tocco di una comunicazione che abbassa la testa davanti al pudore, che brucia la passione senza farla ardere se non all’interno del suo stesso seno. Ombre rivelatrici di uno stato incerto, un avanzare goffo che non sa più protendersi verso il coraggio dei riflettori, non quelli della ribalta, ma quelli della vita.

Oltre i confini

Quando c’è una nuvola sopra la tua testa, alza lo sguardo e squarciala.
Quando c’è un uomo perverso sul tuo cammino, punta lo sguardo e scruta la trama della sua anima e vattene subito.
Quando c’è un amico che finge di ascoltarti, ferma su di lui lo sguardo e, col silenzio, fagli capire che hai capito e che non ti interessa.
Quando senti che qualcuno, chiunque esso sia, vive di manipolazioni, offrigli di te una pantomima accurata.
E quando tutte queste cose sono state incenerite, guardati allo specchio e guarda di te quella realtà che ti appartiene senza mistificazioni e che vola dritta fuori da quei confini.
Poi, guarda ancora in alto e immagina che, per tutto questo tuo lavoro di pulizia ora, dentro il cielo, c’è una stella in più che guarda proprio te.

Omologazione

Io come te, tu come me: “uguali”, in giro per il mondo, oltrepassando frontiere che un tempo, non solo ci separavano, ma ci davano anche un’identità. Ora la mia identità si confonde con la tua per un melting pot in cui io e te ci sbricioliamo senza unirci. Non siamo più felici di allora, solo perché abbiamo abbattuto le frontiere, perché ne abbiamo create altre dentro di noi, molto più profonde che si ergono nell’Inconscio e che sono quelle dell’incapacità di camminare l’uno accanto all’altro, quelle di procedere “sempre” tu dietro di me e io avanti a te. Siamo in perenne bisogno di “sorpasso” in una tensione continua, in un’eccitazione che più che farci vedere l’altro ci fa camminare sull’altro e, col passar del tempo, non è più nemmeno un altro, perché “io voglio essere l’unico”, laddove però l’unicità è morta! E non posso affidarla nemmeno solo all’immagine, perché è uguale a quella di tutti. Ma guarda che gran casino che abbiamo combinato!

Opinione

“Da molti viene confusa con il giudizio e viceversa, ecco l’inganno! Si accavallano talmente l’una sull’altro che spesso si resta ebeti, senza opinioni per paura di giudicare o si giudica per paura di non avere opinioni in merito.
La differenza è sottile, ma c’è. Cogliamola!”

Ordito

Andava in giro per il mondo fotografando raggi di luce e sagome nere, raccogliendo tesori e rifiuti, riponendo gli uni in uno scrigno e gli altri in una discarica. Andava così a pesca, giorno dopo giorno, crescendo e imparando la tecnica dell’ascolto e della scelta, del riposo e della lotta, guardava fuori e ritornava dentro. Raccoglieva schiaffi e carezze, amplessi di gioia e dolore, senza mai stancarsi di continuare a pescare. Accumulava nel tempo percorsi di vita che avrebbero disegnato quelle forme riflesse tra un punto e l’altro della trama. Talvolta, era talmente preso da questo gioco che dimenticava che quella vita fosse proprio la sua, guardandola come se fosse un regista in possesso di un estro particolare nel creare l’opera migliore possibile, quella di cui poter andare fiero quando il tempo del poi lo avrebbe spinto a voltarsi indietro.

Orecchie tese

Vivo in perenne “ascolto”, come se la vita dicesse “sempre” altro rispetto a ciò che dice e io debba essere pronta a captare, a percepire. Ho la mente perennemente accesa anche quando dentro c’è mare calmo: sono attimi che mi fanno materializzare deduzioni, opinioni, scoperte insperate. Stanare, frugare è per me l’essenza stessa dell’esperienza del vivere e quando vedo intorno a me occhi spenti vorrei poter essere in grado di far sgorgare da quegli occhi che vedo lacrime rigeneratrici, un lungo flusso che elimina quelle tossine che li hanno bloccati.

Pantomima

Annientati dalla preoccupazione della proiezione della propria immagine, camminiamo come se non vedessimo altro intorno a noi. Tra la folla rubiamo sguardi facendo finta di passare noncuranti, ma nemmeno se fossimo in un deserto potremmo dimenticarci di lei: il riflesso di noi sulla sabbia, nel cielo, nel mare… ovunque si agita il nostro io imbevuto di noi, del dipinto a cui rimaniamo aggrappati nella tempesta della nostra esistenza.

Paradosso

La gola si apre, le labbra si muovono, i suoni riempiono l’aria, tutto sembra avere un dinamismo con poche battute di arresto. Le mani seguono le parole. Insieme andiamo con i nostri movimenti e le nostre voci, insieme andiamo in posti comuni con intenti comuni, in spazi comuni, stringendoci l’uno accanto all’altro, non per poesia, ma per mancanza di spazio. Andiamo sperando nel bel varco verso il dopo, verso la sparizione del presente e l’alba del futuro. Andiamo, mentre con una mano ci teniamo alla maniglia di un autobus che ci fa sobbalzare sull’asfalto puntando i piedi sulla terra senza sapere che spesso quell’autobus non sta andando nel posto che desideriamo, ma, probabilmente verso uno migliore.

Parole piene

Parole piene si aprono in un mondo parallelo. Davanti alla loro forza, tutto arretra lasciando il passo a una dilatazione a mezz’aria tra la realtà esterna e intime emozioni. Parole piene iniziano a volare afferrando idee sonnecchianti, sopite, stanando ariosi respiri, lunghi e profondi. Una catena di suoni che parlano la lingua della pura bellezza. La realtà prova vergogna, mentre si spegne cantando con un fil di voce la sua sconfitta.

Paura

La paura non è biodegradabile, ti si attacca addosso come una cozza e non si abbatte né con lo sforzo di una vita né di cento vite. Se la guardiamo in faccia sarà lei a spaventarsi.

Perché?

Perché durante i concerti, durante le partite, durante le manifestazioni manipolate dal sistema, urliamo, cantiamo, ci dimeniamo e quando dovremmo dire qualcosa a favore di qualcuno molto più vicino a noi fuggiamo come un ladro che striscia sotto i muri? La massa ci copre, ci fa da scudo, non ci impegna, custodisce il nostro posticino tranquillo e un po’ sporco, piccolo e minimo di respiro, poca cosa, che così facendo diventa, sempre più, il “niente”!

Perdita del focus

Correva affannosamente verso una meta futura, indietreggiava lacrimando verso il passato, restava immobile nel presente schiacciata tra queste due immagini. Nel futuro costruiva visioni forzate dai desideri che friggevano nervosi e che stridevano nel cozzarsi l’uno contro l’altro, del passato palpava le forme spalate dalla neve caduta sui mesi e sugli anni.

Vagava avanti e indietro baciata con malizia dall’irrealtà, pensando di depredare il tempo dei suoi poteri e che, saltando il presente, avrebbe accelerato la generosità del futuro. 

Personaggi

Come da pirandelliana memoria, i personaggi che creo li porto sempre con me, anche quando sono ancora in fieri. Tratteggio la loro fisionomia durante una passeggiata, un pranzo, una spesa al supermercato, ovunque. Scambio con loro dialoghi, mentre camminano accanto a me in carne ed ossa o si rilassano, proprio quando decido di farlo. La loro compagnia stana ogni mia inventiva e ogni mia meraviglia di fronte all’esistenza. Non bisogna, però, fare l’errore di pensare che siano fatti a mia immagine e somiglianza, perché sono creature che, una volta formate, hanno una precisa autonomia di comportamento e vedute in una realtà che abbandona il recinto virtuale per incarnarsi in una “umanità” più che credibile per coloro che in essa vogliano specchiarsi.

Piacere

Se è vero piacere non deve essere ripetitivo, ma fluttuante, altrimenti diventa un’ossessione. Quello attinente alle pure emozioni, e non a batteriche eccitazioni, matura ad un livello di percezione più profondo. Avvertire l’arrivo del momento del piacere ti porta oltre la realtà, in uno spazio speciale per la sua forza originaria.

Piccolo manuale

Convivere con ogni tipo di affanno, senza fissarsi sulla sua portata, ma soprattutto senza che spalanchi le sue fauci per farti preda.
Imparare a mandare aria fin dentro se stessi, senza che resti a svolazzare sulla nostra testa come inutile orpello: afferrala e apri i polmoni così spesso ritmati da un respiro troppo corto.
Ammiccare costantemente ai propri sogni senza sentirsi additato come un povero ubriaco.
Sorridere a tutti, quando se ne ha voglia, come colui che sa e non come un seguace incallito della buona educazione.
Cantare anche quando si ha un filo di voce: continuando a provarci la voce tornerà e sarà un bene per noi e per gli altri.
Se dopo aver messo in pratica queste cose qualcuno ti attacca, cambia strada senza voltarti: se in seguito capirà, sarà lui a venirti a cercare.

Piena come un otre

Oggi si sentiva “piena come un otre”, non di cibo ordinario, ma di altra sostanza e forma. Era necessario più del primo e non andava confuso con quello dell’anima, anche se era da lì che nasceva. Si trattava di un impulso con una forza maliarda e incantatrice che la ricopriva di palpiti. Premeva da sotto la sua pelle, affinché creasse realtà spaziose dentro disegni e parole, con un tracciato che andava a posarsi nel dominio dell’Arte. Per lei, questo dominio era la vera realtà del vivere, l’unico a tenerle la mano attimo dopo attimo, anche quando era apparentemente sprovvista di pennelli e parole che, però, dimoravano all’interno di un bozzolo eterno con cui lei era stata creata. Tutto il resto, grazie a un imperioso snobismo dell’Anima, la sua, veniva osservato solo per poter essere sublimato al soffio di questa ebbrezza folle e sapiente.

Precauzione

Spesso può essere una linea di confine che sbarra la strada, travestita da nume protettore che, dietro la sua aura avvolgente e quasi materna, offusca la pienezza della vita. In fondo, così conciata, col senno di poi, si rivela essere nient’altro che un figlio mal riuscito di quella stessa pienezza che, sbirciando e incitando da dietro un paravento, ci ha fatto barcollare, senz’aria, nella parodia dell’esistenza.

Presa di coscienza

Non so perché, se non per colpa di grande disattenzione, facendo la scrittrice da quando avevo 20 anni, solo ora mi accorgo quanto, per continuare ad essere creativi, non ci si debba fare “imborghesire” dalla realtà che ci circonda, E’ come se dentro sentissi un humus che ha bisogno di essere alimentato di continuo e che rischia di andare a secco se lasciato nella morsa di una siffatta realtà.

Presenza

Lontano, lontano, ma vicino vicino, afferrandomi per l’anima che allora danzava con la tua. Ora come allora, nella ruota del tempo che non scaccia l’immagine di noi insieme, ma ci riporta tutto il mondo di allora incantato dallo smalto della memoria.

Primordi

Pezzi che fluttuano nello spazio come nei dipinti di Marc Chagall; silhouettes sottili, ombre di se stesse, leggere, fragili, eleganti come fronde timide all’alba della Creazione, quando il male non esisteva e la Bellezza era ingenua, ma splendente e unica Signora dell’Universo… Questo, forse, eravamo prima delle nostre pesanti incarnazioni.

Processi

Le eccitazioni deformano il corpo e la mente. Le emozioni li armonizzano. Durante il primo processo, quello in cui diamo potere alle eccitazioni, l’anima sparisce. Durante il secondo, quello in cui sono le emozioni a governare, l’anima riappare in tutta la sua espansività.

Prospettiva

Si girò e, per la prima volta, si accorse di quanta strada avesse fatto. Ciò da cui rimase stupita, fu l’intensità con la quale aveva percorso il tragitto: tutto le sembrò impresso in una raccolta indelebile, come incisa in un campo magnetico oltre il tempo e lo spazio. Ciò che l’aveva spinta a vivere in quel modo tanto incisivo era il suo desiderio di non sorridere quando poteva ridere, di non tentennare quando poteva decidere, di non voler solo bene quando poteva amare, di non limitarsi a camminare quando poteva correre, ma anche di stare immobile a guardare, quando c’era stato il pericolo di avanzare in maniera goffa e autolesionista. Ne era nata così una luminosità che aveva aperto tutti i suoi pensieri e quelle idee di vita che avrebbero potuto restare amorfe, perché plagiate dal vacuo timore di tirare quell’intensità da desideri sospesi a una dimensione di sé stessi reale e forte. Proprio per essa, il suo libro restava ancora aperto, e lei continuava ad avanzare con passi scanditi verso il centro della sua esistenza, ora che, invece, per molti il “più era fatto” ed era sera, e ancora e ancora, sempre più sera… fino alla notte fonda, dove anche la luna piena incarnava con brutali sogghigni solo l’immagine del licantropo.

Quando i sogni si sciolgono tra le dita

Quando i sogni si sciolgono tra le dita, dopo aver soffiato tonnellate di respiro su di essi, ti senti come chi ha percorso a trecento all’ora una strada dritta e luminosa che è poi finita in un vicolo cieco. Allora sollevi le braccia ai lati del corpo e ne tocchi le pareti a destra e a sinistra per evitare che si restringano ancora di più, allargando con tutta la forza che ti resta anche le gambe per allontanare massi di dolore.
Quando i sogni si sciolgono tra le dita, senti i battiti del cuore che rallentano fino a marciare la lenta, ma scandita e inesorabile, marcia del silenzio.
Quando i sogni si sciolgono tra le dita, ti volti indietro e li saluti con la gratitudine di uno che, solo grazie al fatto, comunque, di avere avuto la capacità di sognarli, può riprendere il cammino, magari riprovandoci ancora.

Quando la massa parla in massa

Quando la massa parla in massa non è mai dentro la realtà effettiva delle cose, ma nella totale mistificazione. Si insinua nei fatti caricandoli di bugie, si insinua in convinzioni sulla tua vita con l’intelligenza di un cerebroleso.
Quando la massa parla in massa ruba ogni verità e la lascia ad ammuffire in una soffitta.
Quando la massa parla in massa fa spuntare sulla terra un’arsura globale: abbiamo voglia di spostarci in cerca di emozioni, beviamo solo acqua sporca.
Quando la massa parla in massa rende facile il lavoro alla famelica sete di pochi potenti nel detenere il controllo delle moltitudini.
Quando la massa parla in massa uccide il bene più grande di ogni essere umano: la vita!

Quando le generazioni si parlano senza saperlo

Poche gocce di vibranti piaceri, sapori gustosi di buone emozioni, suoni acuti come quelli di campane antiche che le tiravano lo sguardo verso l’Infinito, gli occhi suoi di cerbiatta che scrutava tra la folla di una festa, in cerca di sagome rare e uniche, con un drink in mano in sintonia con la modernità, ma anche con sulla pelle e nelle viscere quella sete di “essenze” che, così, e solo a sensazione, poiché era ancora molto giovane, sentiva che fossero appartenute a un passato e a una cultura che non aveva vissuto, ma che picchiava alla sua porta come qualcosa di déjà vu…

Quella mattina...

… un silenzio pieno di suoni, polvere sedimentata dentro ogni parte di sé stessi. Un sogno lontano ritornato in un lampo a sbirciare ancora le loro anime tremanti. Un sogno che li metteva ancora alla prova. Lui e lei a guardarsi negli occhi accennando un qualcosa che non riusciva a prendere forma dopo tre anni in cui avevano abbozzato solo incontri casuali per strada, rinunciato alle emozioni ancora piene di effusione di anni addietro… anni speciali, profusi di amore ingordo, di quelli che non si curano di niente se non di penetrare in un mondo parallelo alla realtà e che di questa incenerisce tutto. Quella mattina… ramificazioni di allora, canali aperti su di un oceano che stava ricominciando a gonfiarsi nell’alta marea di un tempo rinnovato… così, nel buio del futuro e nella luce del passato!

Quesito struggente

Per quale motivo c’è questo bisogno irrefrenabile di comunicare senza in fondo comunicare un bel niente. Una vetrina del disimpegno attaccata al nostro nome e alla nostra immagine. Un mostrarsi senza mettere niente in gioco della vera arte delle emozioni, di un modo radioso di penetrare il sentire vero per esporci dalle profondità della propria esperienza di vita. Mi chiedo, a questo punto se riusciremo a fare in tempo a recuperare quel legame intenso con il fascino sensoriale delle emozioni e della corposità del pensiero o se siamo stati inesorabilmente inghiottiti da forme scheletriche di esistenza.

Rabbia

Indebolisce il corpo e mette un gran frastuono nel cervello. A causa delle sue sgradevoli sembianze, è difficile ammettere di esserne vittima e quando cadiamo nella sua rete facciamo scelte sbagliate. È “matematico”!

Raccolta del tempo

Ci sono delle ore, degli istanti, delle scene di quelle ore e di quegli istanti, che restano attaccate per sempre ai pensieri.
E così, dal nulla, mentre ti sembra di pensare ad altro, di essere ormai lontano dal già vissuto, ecco che parte un’immagine simile, un colore, un odore, persino un’ora sul quadrante dell’orologio che combacia con una luce del giorno o della sera, quella, la stessa! Ed ecco che parte come una freccia carica di tensione la sagoma di allora.
Molti la chiamano “ricordo”. Ma, in questi guizzi “famelici”, fatti di pezzi già assaporati, c’è dell’altro, una specie di impronta che non vuole svanire, perché è ancora lì per farti capire che tu, insieme a lei, ci sei ancora. E così.. attimo dopo attimo, si rinnova l’onda del tempo.

Racconto breve: metamorfosi senza metafore

Dal buio ai colori, dal pianto alla pace il suo humus interiore aveva mutato aspetto. Dall’antro più recondito delle sue vecchie impalcature l’Inconscio le aveva bucate attraverso la sofferenza a trecentosessanta gradi e le aveva smembrate in quei brevi e miracolosi piaceri, pescati ora qua ora là, che ti aiutano a continuare il percorso senza rinnegare la vitalità della vita. Attraverso l’inconscio tirato fuori dal cassetto, aveva visualizzato in forma di filamenti luminosi, la perdita dei suoi tre uomini: il padre, il fratello, il suo amante. I primi due erano entrati nell’altra Dimensione, o in altre Dimensioni, e, ora, lei li cercava un po’ qua un po’ là, allungando i rami dell’Esistenza che si espandevano, ne era certa, da una Dimensione all’altra. Il suo amante, invece, era ancora in questa, ma distante nello spazio e nel tempo, perché aveva deciso di spezzare sia i propri sogni, sia quelli di lei. Ma era anche successo che grazie a quell’Inconscio così operoso, scevro dall’occupare solo le teorie della psicoanalisi, niente era rimasto nel buio pesto al punto che, ora sapeva di vivere con tutti e tre immersi dappertutto attorno a lei, non come Memoria, ma come tangibile e intangibile presente.

Radici

Piccoli aneddoti o grandi abbracci accarezzavano la sua vita vissuta come presenze indelebili di piaceri provati, pennellate di colori sapidi e amati allora come ora in una nuova forma di radici della sua esistenza.
Spesso accendeva la luce e camminava all’indietro ripescando quei bagliori ricevuti in dono per pura generosità del destino, erano là tutti in fila per dirle:”Ci siamo piantati nella tua esistenza per creare un albero forte e sano, perché tu, oggi possa, voltandoti indietro, andare avanti con la stessa impavida forza che avevi quando ci hai vissuti!”

Razionalità

Il voler essere razionali ad ogni costo, spesso ci dà delle vere e proprie bidonate!

Realismo

Da ogni dolore cresce robusto l’albero della vita e da ogni gioia quello stesso albero guarda alla memoria di quel dolore estirpando i rami secchi. Ad ogni strappo il dolore sembra sogghignare di rabbia e tu lo guardi con quella forza rinnovata che avanti a niente ha potuto cedere il passo. Poi, altri dolori e altre gioie si susseguono, in apparenza, senza un filo conduttore, scuotendoti ora qua ora là, ma stai pur certo che questo è il tuo pennello e questa la tua tela e che solo tu puoi dipingerla.

Ricamo intellettivo

Si sentiva piena, non di cibo, ma di pensieri.
Non i classici pensieri a cui l’essere umano dà il nome di preoccupazioni, piuttosto come flusso di idee che andavano e venivano nel cervello in forma di osservazioni, opinioni, interrogativi, stupori… un flusso inarrestabile, compagno del suo andirivieni quotidiano nella realtà, una sorta di alter ego che apprezzava quel sentirsi vivo con una mente frizzante e non lobotomizzata dai soliti inceppi della comunicazione, ma che a ogni asserzione dei media ne avvertiva l’impatto diabolico e poco, molto poco, rispettoso della la sua intelligenza.
Così facendo, sempre rafforzata da quei pensieri, cercava di evitare che la sua attenzione si indebolisse e divenisse preda facile di manovre occulte. Era così arrivata a oggi piena di un ricamo intellettivo non soggetto a comandi esterni, ma solo a stimoli autonomi e creativi, di quelli che ti danno il filo per continuare a ricamare…

Ricordi

Sono punti di connessione. Il tempo dilata la trama della nostra esistenza e i ricordi sono come dei punti che servono a tenerla unita al nostro cuore e a far sì che la nostra vita non resti appesa a un chiodo lontana da noi.

Riposo

Quando dentro la mente abitano pensieri che ti tirano verso una verità oggettiva e disincantata, pensieri liberi da incroci forzati da rumori emozionali cosparsi di eccitazione, per poter far sì che non solo chi pensa, ma anche chi ha l’opportunità di farlo insieme a te, possa rasserenarsi in quella verità che oggi sembra così lontana dal riuscire ad avere una forma piena.

Riserbo

Dove c’è un tumulto di voci intorno a me io taccio. Dove c’è un tumulto di umori, anche silenziosi in apparenza, li avverto e mi scanso. Dove c’è una caterva di sicure opinioni, su un qualsivoglia accidente, che risuonano come fanfare assordanti e decisive per manipolare deboli intelletti, io sgrano gli occhi ramificando un’aura di stupore misto a sgomento. Mi stupisco per la cosiddetta sicumera con cui si sferrano deduzioni partorite non riesco a capire da dove, visto che io, come tutti gli altri sul globo terracqueo, vengo bombardata da un tapis roulant di notizie che trasudano menzogne e nere affabulazioni. Per cui non mi sento di avere altra scelta che quella di abbracciare la sublime Arte del Silenzio, bacino e approdo di pace assoluta!

Riservatezza

Ma dove sei finita? Non eri solo il “non dire”, ma molto di più.
Eri il viale alberato che percorrevano comportamenti e parole per prendere respiro prima di andarsi a posare nel posto giusto. Lì, venivano riconosciuti solo da chi dava loro piena accoglienza. Non sbattevano in faccia al mondo vane prodezze, non rubavano lo spazio di nessuno cantando vittoria, non sporcavano se stessi e gli altri con la loro merce, perché erano la vita della migliore fabbrica, proprio perché prima di essere espressi avevano preso respiro lungo il viale della riservatezza.

Ritmo

La scrittura deve essere percorsa da parole che eseguono una vera e propria danza sul foglio, anche quelle in prosa. Devono evocare il ritmo cadenzato di uno strumento, non importa quale: l’intima scelta resta nelle mani dello scrittore. E se poi riescono per il loro magnetismo a scandire persino il ritmo del cuore, allora, e solo allora, diventa un’operazione ben riuscita che può elevarsi anche alla dignità di una preghiera.

Ritratto

Fortemente stupita da sé stessa si aggirava parlando a voce alta senza aprire bocca. Si guardava intorno senza voler scrutare la visione della realtà, che diventava una patina nebbiosa. Univa i suoni del mondo trasformandoli in spunti per poter disobbedire ai suoi ordini. Si inebriava di quel salutare rifiuto dell’immobilismo sparso nell’aria, restando immobile a sua volta, ma percependo un movimento sottile che parlava a voce alta, e senza aprire bocca, il vero linguaggio del vivere.

Rivoluzione interiore

Quando siamo gettati dentro una Storia Fallace, come mandrie al pascolo su neri prati, resta sempre, ma solo ed unicamente nell’humus di un’intelligenza coraggiosa, di una manifattura impermeabile a qualsiasi tempesta, la percezione netta di tutte le poderose crepe di quella Storia Fallace.
Davanti a questo magma poroso che assorbe come una spugna tutta la linfa della massa in giro per il mondo, c’è qualcuno che urla in silenzio: “Grazie, ma io non ci sto!”
E quando l’ha fatto attraverso il suo comportamento solitario, resta zitto e fila dritto là dove ha deciso di andare. Prima o poi, forse dopo aver percorso un deserto, troverà una forgia simile alla sua, con cui scambiare sguardi attraverso il centro di quella stessa intelligenza.

Rumore

Sgombera la mente, sgombera il cuore. Cammina felice dentro il rumore, il caos di questa affannata esistenza. Ridici su, beffeggialo, non ti appartiene. Rinnega sempre le sue manipolazioni, le sue distorsioni. Piantati di fronte ad esso come una madre coraggio che protegge i tuoi pensieri e se, dopo tutto questo, ancora tenta di abbindolarti con i suoi sogghigni, puntagli contro gli occhi come due laser potenti e fallo scappare per sempre dal tuo raggio d’azione. Ricorda: tutto, ma proprio tutto…è solo rumore!

Ruoli fissi

Irrigidirsi nei ruoli fissi dimezza la nostra capacità di vivere con pienezza.
Questo non vuol dire che dobbiamo sottrarci alle nostre responsabilità, ma piuttosto fare in modo che esse non ci distruggano.
Diamoci più tempo per respirare anche davanti ai problemi. Diamoci la possibilità di aprire le braccia alle cose che accadono, con la messa a fuoco di una intelligenza non reclusa negli schemi. Fluidamente, con morbidezza e non con la fissità di fatti normali e certi.
Troppo spesso, ormai, ciò che appare normale, col tempo può avere gli effetti catastrofici di una miscela di rimpianti, rancori e rimorsi. E allora sarà tardi per riprendere il mestolo in mano e far sparire quei grumi pesanti sul cuore.
Impariamo a saltare dentro la bellezza della vita e non a pestare i piedi come dei bambini lagnosi e dispettosi.
Per fare questo non c’è limite di età, ogni momento è propizio, l’importante è non lasciar passare inutilmente il tempo che ci resta. Buon viaggio!

Sagome

Disagio cantato dalla triste litania del cuore, sagome galleggianti nell’aria: tutto intorno è silenzio, bucato da occhi sbarrati verso il nemico, un nemico che può essere persino chi ti sta passando accanto. Sagome ricolme di tossine roteanti dentro una ruota impazzita, che gira senza riposo, ubriaca di una amara pozione, liquido spruzzato da una giostra incantata dal Male.

p.s niente di personale, solo una brevissima analisi storica. Passerà!

Salto quantico

Un incremento energetico, una dilatazione dell’intelletto nell’immergersi nella realtà, sentendone il palpito in ogni sua manifestazione. Come una lente di ingrandimento, ma che supera la vivisezione della materia stessa di cui è fatto il reale per connetterla al movimento infinito dell’Universo.

Scarnificazione

L’essere umano sta abbandonando la matrice del pane appena sfornato e fragrante, della resina odorosa spinta dal vento verso altre forme di se stessa avvitando il cuore ai 5 G, strappando dalle emozioni il corpo, la mente e l’anima e ancorando le sue sinapsi elettrificandole dappertutto in ogni cellula, in un cerchio dove tutto è uguale a se stesso e lui sarà per sempre come una medusa morta sul litorale della vita.

Scie parlanti

Gustare il tempo per afferrare con destrezza gli effetti di un’azione e il sentimento che lascia dietro di sé.

Entrare nel circuito che non si esaurisce, perdurando per farci assaporare ancora un piacere vissuto o per farci comprendere bene la fisionomia di un dolore.

Staccare d’improvviso la spina da ciò che ha attraversato la nostra vita, senza penetrarne il senso, può generare una patologia endemica effetto boomerang che indebolisce il vigore della Coscienza senza permetterle di far da scudo all’Anima.


Scrittura

Mi sveglio al mattino con le parole in bocca, che hanno già oltrepassato la soglia del cervello per uscire allo scoperto. Le sento danzare sotto il palato, allegre, frizzanti, che sanno già dove andare e aspettano che io lo capisca. Devo accoglierle e sistemarle nel modo che richiedono: sono piene di volontà e mi lasciano l’illusione che sia io a scegliere. Ma se sbaglio a metterle in un posto invece che in un altro ne viene fuori una cacofonia assordante, che mi spinge a spostarle all’infinito, finché non trovano la collocazione giusta. Poi trovata la soluzione, tirano fuori una carica che salta dal foglio per vivere di vita propria in qualsiasi posto del mondo. Ed allora io viaggio con loro e sono felice.

Scrittura come alito di vento

Scrittura come alito di vento per un cuore che non sa più dove andare e che sentendo quelle parole ricomincia a battere di nuova vita, perché in quel momento hanno saputo leggere il suo dolore.

Sembra Brutto

“Sembra brutto! Chissà cosa penserebbe di me se…” Una collettività pensante e il bersaglio è lei, lui, noi, voi, chiunque si trovi a tiro. Tra immagini di ogni tipo con cui potersi distrarre, che strano… il bersaglio è sempre lei, lui, chiunque… La collettività si è fermata tutta a pensare a ciò che dice e a quello che fa. Ma si tratta di un comune mortale, nient’altro che questo e allora perché tanto carico di roboante attenzione? Tanto carico lo fa deragliare e deraglia davvero, senza spazio e senza tempo per il suo pensiero che, invece, chiede silenzio per riflettere, toccando se stesso, accarezzando le sue manie e la sua saggezza e la sua saggezza nello scoprire le sue manie. Il “sembra brutto”, questa sorta di usurato comandamento, interviene pesantemente sulle parole che vorrebbe dire, sulle azioni che vorrebbe mettere in opera. Sottrae, così, la sua vita a quegli impulsi genuini per accasciarsi abbandonato nelle mani della nostalgia corrosiva dell’ “avrei potuto”. Ma, notte tempo, il cuore batte sofferente e la fa da padrone, portandogli, tra un battito e l’altro l’opinione inconfutabile che quel “sembra brutto” può seminare solo fantasmi e non angeli. Ma, ormai, è tardi per alzare lo sguardo verso gli angeli, perché ciò che sa fare adesso è solo stare rinchiuso nell’armadio.

Sensi aperti

Quella mattina sembrava che tutti i colori della volta celeste avessero aperto le porte e che ognuno trapassasse i propri confini, generandone di nuovi. Le forme dipinte erano fluttuanti, si sfioravano e si assimilavano in morbida sequenza e, pur senza un alito di vento, soggiornavano abbracciate e poi si spostavano altrove. Quelle onde semoventi nutrivano il suo petto con pace e stupore, mentre i passi lenti e vigorosi la spostavano da una forma all’altra, da una forza all’altra. Così abbandonata nei sensi, camminò per ore fino ad entrare nel sole che, prima di nascere per intero, si era anch’esso perso nel circuito dei sensi di quei colori.

Sfumatura

È la figlia devota di un colore definito, che ne mima i passi con leggerezza.

Siamo tutti pescatori

Usciamo all’alba, torniamo al tramonto. Quando ci fermiamo  continuiamo a pescare con la lenza del cervello che si proietta sulla buona pesca del giorno dopo. Questa metafora ingentilisce i movimenti pieni di affanno della nostra quotidianità e alleggerisce la nostra ossessione di pescare dentro affari e imprese, groviglio di crocevia mal segnalati che ci saltano addosso senza sosta e senza prevedere stop salvifici. La marcia è ingranata e andare a pesca è diventato il simbolo perverso della nostra esistenza.

Silenzio

Come sua sorella libertà, antico nome perduto che vaga di mare in mare sperando che qualcuno lo ascolti…
Provate a captare nel silenzio una porta che si apre, una voce, magari la stessa che sentite ogni giorno, persino alla stessa ora, vi appariranno molto più leggere, non più come gocce che vi succhiano energie e che non sapete più come recuperare.
Quel silenzio è una specie di corpo che, come un prodigio alchemico, trasforma in oro ogni elemento che arriva fino a noi. È già in noi, non c’è bisogno di andare a cercarlo da qualche altra parte, però si è ritirato per non essere offeso e restare libero, ma se sappiamo scovarlo non si nega.
Buona ricerca!

Silhouette

Bolle di fierezza sparse tra i capelli, che lei allisciava con vanto appena sveglia e prima di andare a dormire, con movimenti lenti, mentre i pensieri percorrevano il lobo destro e quello sinistro del cervello, talvolta incrociandosi nel mezzo della fronte.
Quei momenti, al mattino e alla sera, tra una pettinata e l’altra, sembravano stanare le visioni dei sogni notturni, o i pensieri compressi dal frastuono del giorno. Li guardava riflessi in quei lunghi capelli lisci come fili dorati, cosparsi dalla sua curiosità nel cercare di capire ciò che la mente aveva da dirle. Era una specie di meditazione in cui trovava un rifugio sicuro e affidabile. Ma un bel giorno, tra quei capelli vide delle lacrime. Smise di pettinarsi, posò la spazzola e si rese conto che proprio quei capelli avevano coperto i suoi pensieri più veri.

Sinfonia

Ma che sono tutti questi schiaffi da mare forza nove?

Vorrei una vita che fosse una sinfonia di note leggere che ti tocchino senza spellarti, che ti abbraccino senza morderti, che, avvicinandosi a te si uniscano all’orchestra della tua anima per un concerto senza eguali. Vorrei che la pelle restasse liscia, come baciata da pura ambra e che la mente danzasse libera di volteggiare su nidi di realtà lucenti e setose, vorrei infine salutare tutto l’Universo sorridendo all’Infinito.

Sintesi di un processo creativo

Da tutto ciò che faccio nasce materia per nuove fisionomie. Da tutto ciò che vedo o ascolto si apre, come un amplificatore d’esperienza, uno spazio che mi tira verso tanta porosa corposità da farmi partire a cavalcioni di un’onda tra balzi e scossoni o distesa su placidi orizzonti. La realtà di oggi è, o forse lo è sempre stata nel bene e nel male, una provocazione continua nel cercare di farti nuotare o affogare in essa. Da essa io filtro ogni cosa, facendo chiarezza sulle sensazioni all’interno dell’esperienza vissuta e se vedo un’immagine che cattura la mia attenzione, la forza di quella stessa immagine mi spinge a creare qualcos’altro: un racconto, un pensiero, un’idea per una nuova opera. Si creano, così, anelli forti e saldi che si innescano nella realtà per ricrearla sempre e, ancora e ancora, in altre forme.

Sistema

Quello in cui viviamo non rispecchia di certo un ordine, come vorrebbe il significato originario del termine. Piuttosto, è un gran fracasso: l’importante è riuscire a camminarvi dentro in assoluto silenzio, quasi indossando delle tute mimetiche. È l’unico modo per riuscire ad andare dritti per la propria strada e restare sani.

Slittamento

Slancio emozionale, di quelli splendenti sull’anima, di quando si vibrava di una elettricità benefica, rischiando il tutto per tutto per seguire il flusso emozionale.
Cellule che ti friggevano dentro al suono di respiri forti, aperti, che ti dilatavano lo sguardo per afferrare tutto quello che c’era da imprimere di te nel raggio di chilometri e chilometri di apertura.
No, non si tratta di passato che è andato via, ma di presente condito da “smart action”, in cui tutto è insonorizzato, dove quel frastuono di te stesso, essere organico e vibrante di poco tempo fa, viene catturato dall’oscuro silenzio in cella di isolamento, mentre rapide le dita scorrono non solo sulla tastiera , ma nel cervello tirato da abilità e velocità che disperdono di te quell’ondeggiare fantasioso a zonzo per la creatività.
Ma ora siamo “smart” e dell’allora di poco tempo fa, abbiamo già perso il voluttuoso ed erotico splendore.

Smembramento

Frammentazione di un insieme, di una struttura che fino a quel momento ha tenuto raggruppate le sue parti. Ma poi, quasi per un ordine naturale delle cose, esse cominciano a staccarsi dal tutto e vanno a formare un altro insieme che terrà unite le nuove parti fino a quando, a loro volta, non saranno più adatte a tenersi insieme.
Spesso ci fa paura accettare questo mutamento e vorremmo ad ogni costo continuare a mantenere inalterata la vecchia struttura: ciò vale per tutto: oggetti, persone, società, aziende, famiglie, persino pensieri.
Ma se vogliamo imparare a vivere più sereni dobbiamo capire quando è arrivato il momento di mollare la presa.

Sogni notturni

Entrare nei sogni notturni è un viaggio alla scoperta di segni sconosciuti che essi ci mettono davanti all’Anima. Sono delle porte che dall’Ignoto entrano nella vita reale per aiutarci a comprendere il nostro percorso più da vicino. Sono delle elargizioni di una dimensione più ampia che bussa alla porta chiusa del nostro intendimento per spezzare i cardini troppo spessi e ingolfati dalla cecità.

Solitudine

Da sempre stare lontana dagli esseri umani mi dà lo slancio verso la vita piena, la vita vera, perché in totale solitudine mi si apre uno scenario che altri definirebbero virtuale, ma che per me è più vero di quello che ho davanti agli occhi.
La solitudine, quella che ci fa volare e non soffrire, è un ramo di un grande, immenso, albero che si chiama :”Libertà!”.

Sonno profondo

Parole sradicate, mente sudata, cuore in allarme che guarda con paura i propri battiti. Galleggiamenti affannati nelle azioni da portare a compimento, maree interiori che inondano pensieri sconnessi, sentimenti volubili, pause inquinate dalla mucillagine dei residui lasciati da tanto scoramento.

Eppure è come se, di tanto in tanto, ci fosse un black out che lascia tutto questo a tremare all’interno di una debolissima cassa di risonanza, un rantolo lontano che disperde le sue ceneri nell’avanzare del tempo che lo deride per non aver compreso quanto sia stato inutile viaggiare seguendo un percorso senza ritorno.

Sonora solitudine

È bello riuscire a dirti, finalmente… “NO!”

Sentire ogni pensiero, ogni passo che si allontana da te, il cuore che si gonfia leggero per volare, con due ali eterne, verso lo spazio di una vita forte e ariosa. Effetto conquistato con fatica, con passi pesanti, con un incedere deciso, ricadendo all’indietro più e più volte, riprendendo il cammino con l’acqua alla gola, fermandosi nei punti più impervi, ripartendo col fiato spezzato… Ma ora ecco, sono in cima, piena di vento, senza lacrime, ora ecco… non mi volto più, né verso di te né verso di me e avanzo immergendomi in un infinito possibile, incontaminato, senza confidare in luccichii di trame illusorie, ma spalancando gli occhi sulla “Verità!” Sono pronta, il viaggio è aperto e quei luccichii tremolanti che tu mi davi, pensando che la normalità fosse quella, si sono immersi nella “Luce”, senza più affogare. 

Sopravvivenza geniale

Si prova un piacere incommensurabile quando l’immaginazione avanza fino al punto di creare qualcosa che risuoni dentro e fuori se stessa con un boato che procura un’estasi gioiosa per insoliti connotati di pura Bellezza. Questo è probabilmente l’unico modo per sopravvivere alla farragine di questo momento storico.

Sostanza

Una pelle sottile, percorsa da piccoli canali  che seguono i movimenti del corpo; un sorriso levigato dalla pace della leggerezza; uno sguardo filtrato dalla morbida spirale del cielo che protegge l’anima dalla presa morbosa di inutili affanni; un passo con una presa di tutto riposo, in rispetto di ogni tipo di suolo; una voce che approda dove scopre la dimora dell’intuito; una proporzione fluida tra le parti del proprio essere che non giocano più al massacro per apparire dentro lo specchio di visioni ingannevoli. E dopo tutto questo, la circonvoluzione finale di una forma che non è più solo se stessa, ma che è diventata sostanza. 

Sotto tono

Non era nato per essere “eroe” o “genio”, ma avrebbe tanto desiderato svuotare questa sua paurosa natura e metterci dentro quella materia robusta, di coloro che erano riusciti in questa impresa.
Ma la sua natura imprescindibile lo vincolava al punto che si spostava ogni volta che annusava il minimo pericolo di alterazione della sua strada tranquilla e nota. A forza di mettere in pratica questo stato di allerta, camminava all’indietro, senza vivere prodigiose esperienze per frequentare quel suo intimo desiderio di irrompere nel mondo degli “eroi” e in quello miracoloso dei “geni”. 

 

Spirito d'osservazione

Apaticamente nell’aria nuova traspare la sfiducia di quello trascorso, un’aria umida bagna questa fragilità trascinandola nella paura del futuro. Un essere umano stordito si aggrega in grandi spazi per folle ammassate nelle piazze al grido di eccitazioni culturali estreme, gozzoviglie senza freni, spossatezze da ingordigia travestita da spensieratezza. Trasversalmente l’essere umano viene bucato da questa matassa acrilica che gli percuote la mente appannandogli la vista. Canti, balli, concerti, spritz, pandori, vongole, per la magica essenza di una vita maltrattata al suono di bolle d’aria sospese e bloccate come cappi che svolazzano sulle nostre teste, cercando il prossimo bersaglio. Ma… se riusciamo ad alzare lo sguardo oltre la spessa corda tutto può svanire e ridisegnare la vita di ognuno.

Sponda

Spesso crediamo che ci sia, ma in realtà il suo bacino d’ancoraggio è un’illusione ottica che può farti diventare strabico. E non si tratta di uno strabismo di Venere, ma di un irreversibile e pericoloso spostamento dell’asse!

Spostamento d'aria

I sogni non possono morire nel pianto di una gola bruciata. Hanno bisogno di genialità, inventiva, spiritualità. Mangiano sempre un pezzo di cielo e te lo mettono dentro l’anima, aggredendo le ombre e spostandoti verso l’infinito.

Stato di grazia

Tutto intorno è fermo, sospeso, innocuo. Non riesce a raggiungerti attraverso nessun viale d’accesso: la tua oasi è perfettamente blindata, i cancelli chiusi senza che ci sia il bisogno di segnalare alcun divieto. Chiunque tenti l’avvicinamento arretra d’istinto, non per paura, ma perché non riesce ad attraversare una soglia robusta che allunga la mano a propagare la sua forza intorno ai suoi confini.
E tu sei lì dentro a cantare il tuo inno di pace. Da lontano ti giungono i confusi brusii dei pensieri sconnessi dell’umanità in movimento… e pensare che prima di raggiungere quel l’angolo, anche tu avevi recitato la tua parte tra quei brusii, ma ora sai che non tornerai mai più a perdere la tua scommessa con la vita per quel tipo di inganno che si beffa della tua intelligenza.

Storia

Tutto ritorna sempre a fare Storia. Eppure molte sono le cose che, per il loro squallore, dovrebbero uscire dalla Storia per sempre. E invece ne facciamo “Memoria”. Sarà perché l’essere umano resta attaccato alla sofferenza come il figlio ad una madre! Se questa asserzione non fosse vera, l’uomo non avrebbe sparso sangue così di frequente e non sarebbe rimasto immerso nel “piacere sommerso” che provoca la sofferenza.

Strabismo

Non era nato per essere eroe, ma avrebbe tanto desiderato svuotare questa sua natura per riempirla di quello spirito robusto di cui sono fatti gli eroi.
E invece, con grande suo rammarico, si spostava sempre ogni qualvolta aleggiasse sulla sua testa il fantasma di un pericolo.
E così, man mano avanzando fuori dalla vita, si ritrovò ad adulare finti eroi a cui lui aveva affibbiato l’epiteto solo perché venivano acclamati dalla massa fatta, proprio come lui, di una natura di carta.

Strappo cerebrale

Sei lì davanti al televisore a vedere qualsiasi cosa che ti possa interessare più o meno, e direi sempre meno… Sei comunque proteso verso un discorso che questo mezzo ti propone. Apparentemente l’hai scelto tu, ma in fondo sono sempre LORO che scelgono per te. LORO chi? Nel tuo immaginario pensi di saperlo, ti configuri una redazione, uno staff di operatori, di informatori di settore, dal culturale al propagandistico, allo sport, all’intrattenimento, alle fiction, e quant’altro. Ma per te comune cittadino, che ti fai domande senza risposte che volano nell’etere beffandosi di te, non è così. E, non trovando chiare e trasparenti risposte, ti fai l’idea che LORO siano un circolo molto vicino ai paradossi di una “Setta”. Ricordate il film: “Quinto Potere?” Ma torniamo a noi. Forse ti sei posizionato comodo sul tuo bel divano con popcorn, noccioline e patatine, o più europeo, con sana centrifuga e sei lì in compagnia di te stesso, quando irrompe contro le tue sinapsi che si erano abituate alla storia che stavi seguendo, cancellando il mondo intorno a te, quella che, piuttosto contrariato hai soprannominato in un eccesso d’ira contro il sistema: “Mattatoio pubblicitario!” Si tratta, appunto della “pubblicità” dove ormai siamo una massa di individui tutti malati che, di certo, non sentono, non dormono, hanno problemi di prostata (i maschi), sono incontinenti, ma con il sorriso sempre sulle labbra, hanno un colon calcificato o bucato, le gengive lacerate dagli zuccheri (che impressione ti fa quel sangue che spicca sul lavandino lavato e disinfettato con l’antibatterico), finché non arriverà la splendida e tranquilla dentiera che si fissa al tuo palato a prova di crostata. Potresti continuare a disperarti all’infinito, quando finalmente ritorna la storia che stavi seguendo senza che quasi più la riconosca, perché il tuo cervello è ormai stanco per tutte le informazioni ricevute. Allora, distrutto, ti alzi e ti precipiti allo specchio, dove non vedi più te stesso ma un surrogato debole e avvilito intorno a cui volano solo virus, batteri, disastri di ogni genere e, come in un film, la parola “Fine!”

Street art

Frammenti di realtà metropolitana, pezzi d’arte di strada che arredano la mente di un uomo in corsa, eccitato inconsapevolmente da quei colori forti e spesso disperati: dolore, rabbia, sogni… parlano di noi. Pezzi d’arte di strada provenienti da solitudini che, talvolta, toccano il mercato solo sfiorandolo per poi tornare a essere il patrimonio dei muri delle periferie delle nostre città contenitori di tutto quello che l’artista-uomo e l’uomo-artista ha nel suo patrimonio genetico come riflesso della disperazione e dei sogni del mondo.

Tempi moderni

Quando nel silenzio assoluto, di quelli che avvolgono l’Anima e annegano ogni pensiero inopportuno, un rumore arriva all’improvviso, proprio dentro quella purezza, le vibrazioni di quella ingerenza si amplificano rubando al silenzio la sua forza, impadronendosene e bucando le pareti ovattate create dalle sue onde benefiche. Fino a quel momento il silenzio era stato l’unico reggente del suo spazio, ma poi, ecco la frattura e la prepotente ferita.

Dalla pace sovrana al frastuono in cui l’essere umano non si accorge cha era proprio da quella pace leggera che voleva fuggire. Perché in quella pace lo specchio di sé stesso sarebbe stato troppo veritiero.

Tenacia

La tenacia è una zona protetta dai raggi sbiaditi della pigrizia. È un campo con una sola stagione, quella della semina; è un’armatura che ci fa da scudo contro qualsiasi tipo di attacco; è il pane che sazia con una sola fetta, perché nutre con un solo sbalzo in avanti.
Ciò che ci fa fare la tenacia è un ricamo costante sul canovaccio del Destino, con azioni che solo in apparenza ripetono se stesse, perché ogni volta vengono ridipinte con una pennellata più forte… e ancora e ancora… ma, soprattutto… la tenacia è l’architetto della nostra esistenza. Se non la seguiamo, priviamo la vita del suo centro propulsore.

Tirare l'acqua al proprio mulino

Questo modo di dire dovrebbe essersi stancato di esistere! Per abolirlo totalmente dovremmo credere che per tenerlo ancora in vita non c’è più trippa per gatti.

Tracciato

I ricordi hanno un loro angolo appartato, in una parte dell’Inconscio dove sembrano sonnecchiare con un occhio aperto e uno chiuso. Sono molto discreti: se non vengono chiamati, sollecitati dal bisogno di riaprire il racconto del nostro passato, sembrano quasi non esistere. Ma se, per una apparente casualità, le immagini del presente mimano quelle che essi hanno conservato religiosamente dentro il loro angolo, allora riappaiono per annodare tempo al tempo, gioia a gioia, lacrima a lacrima. Si rinnovano così emozioni più morbide, quelle di allora, mescolate con quelle ancora fresche di Memoria del presente, tracciando una specie di percorso di chiaro-scuri che soffiano nelle mani del Tempo.

Trasmutazione

Sentivo un’aria serena che mi attraversava dalla testa ai piedi, un vento leggero che mi dava assoluto benessere. Mi chiedevo di cosa potesse trattarsi, ero stupita. In quel momento della vita c’erano le cose di sempre, quell’arrangiarsi quotidiano in un’epoca di difficoltà socio-economiche, quella tristezza da post pandemia, il chiedersi il senso di tutto quello che stava accadendo senza risposte degne di ascolto… eppure quella mia leggerezza interiore era più tangibile di qualsiasi forma di contrazione esistenziale, era come se la realtà esterna si fosse sbriciolata e fosse rimasto solo un vasto campo di luce in cui mi muovevo respirando a pieni polmoni, volando in un etere molto più rarefatto.
Avvertivo che mi stavo lasciando dietro qualcosa di pesante, un pezzo di vita ormai scaduto, non per le cose che avevo fatto o meno, ma per l’impostazione di vita che non poteva più mantenere la sua vecchia tenuta.
Quella leggerezza si stava proponendo in tutta la sua forza magnetica tirandomi per mano verso il nuovo mondo. Mi guardai allo specchio, mi sorrisi e le sorrisi e, promettendole fedeltà assoluta, decisi di ripartire.

Trasparenze

Piena di trasparenti nostalgie, sagome filiformi e lucenti che imperano dentro il cuore come uniche regine. Nella loro sinuosità lei scorge ogni tratto delle forme del passato, esse ondeggiano da un lato all’altro di se stessa, spinte dall’eco ventosa che le anima nella loro eternità. Sono silenziose, complici fedeli, edere rampicanti sul muro del tempo, sempreverdi richiami di fonti che rinnovano i sogni dell’oggi e del domani.

Tutto quello di cui ho bisogno per vivere

Una fiamma, uno schermo, le dita che vanno, il rumore della pressione sui tasti… e il gioco è fatto! Un’immagine piena, per me che entro nel mistero di qualcosa che non so nemmeno io da dove provenga. Ma ci deve pur essere da qualche parte nell’Universo la prodigiosa fonte che mi tiene in contatto con tutto questo, sì, è una cosa che mi ripeto sempre, mentre le dita continuano a battere irrefrenabilmente sulla tastiera e con esso il mio respiro che vive di una forza ricolma di appagamento.

Non ho bisogno di nient’altro se non di questa marea rosso fiammante che invade e spinge il mio cervello, una forza propulsoria che smuove tutto il mio essere e lo eleva all’ennesima potenza espressiva e cancella ogni intoppo psichico, di quelli che potrebbero strozzarti dal dolore… sì, persino i disastri della psiche, svaniscono lanciati chissà dove a logorarsi da soli dentro uno spazio nero e autosolubile.

Questo è il misterioso processo che ogni giorno io vivo come un rito al quale dedico, per questo dono che mi concede, assoluta sacralità. Tutto il resto? Non è noia, ma semplicemente si dissolve. Le voci, i rumori, le aggressioni diventano secche ramificazioni di una stagione rimasta a rantolare in qualche parte sperduta del pianeta, l’ultima testimonianza di un’era solo, ormai da repertare e non da emulare.

E ogni giorno procedo così, sapendo che tutto quello che posso fare per esprimere gratitudine a questa pienezza è continuare a unire idee, parole e pensieri.

 

Un cuore sonoro

Aveva un battito forte, era nato già pieno, aveva tutto quello di cui aveva bisogno, viveva per il gusto di sentire i propri colpi, dentro albe e tramonti, gioie e tristezze, col suo battito a prua. Non si lasciava mai cogliere impreparato né dagli uni né dalle altre. Delle albe e tramonti scrutava il cammino, i colori in viaggio, le forme delle nuvole montate e smontate dal vento, le luci che s’immergevano nelle ombre. Delle gioie e tristezze ascoltava il suono col suo battito a prua sorridendo ai sorrisi e bagnandosi di lacrime. Era un cuore alato con un solo monito dentro la sua bocca: esistere!

Un pensiero addolorato

Bombardati da parole, suoni, fatti, ovunque andiamo… col cervello pieno di parole, suoni, fatti, ovunque andiamo… con i rumori di parole, suoni, fatti, ovunque andiamo… nel magma agitato dei nostri pensieri, ce n’è uno che si tormenta più degli altri e che dice:
”Non riesco a trovare il giusto spazio per comunicare col cervello del mio cliente, sono disperato, non so come fare, è importante che venga a conoscenza di quello che ho da dirgli, perché potrebbe salvarsi da tanto frastuono!”
Intanto il suo cliente continua a muoversi in modo sconnesso in quell’assordante fracasso; lui se lo vede andare verso la deriva e si dispera ancora di più, perché ha la soluzione a portata di mano, ma che continua a non riuscire a comunicargli per mancanza di spazio. Allora dopo tanto andare su e giù come i grandi pensatori per capire come deve fare, prende una decisione:
“Adesso comincio a urlare anch’io come fanno tutti gli altri suoi pensieri impazziti.”
Ha paura di non farcela, perché non è abituato a tanto chiasso, si fa forza e a un certo punto, dopo essersi sgolato tanto, vede il suo cliente fermarsi d’improvviso paralizzato e chiedergli:
“Ma perché strilli tanto?”
“Perché tu non ti accorgi di me!”, risponde, “Ed è importante che tu lo faccia per salvarti!”
“Ma io lo so bene che ci sei!”
“E allora perché non mi ascolti e mi fai straziare?”
“Perché se lo facessi non saprei più da dove cominciare!”

Una madre a tempo pieno

Il passato ti allatta per tutta la vita, sembra non voglia mai svezzarti, ti chiama sempre al suo cospetto, anche quando non te ne accorgi. E’ il tuo artefice, colui che fabbrica la tua vita prima ancora che riesci a disegnare il tuo futuro.
Ha scelto per sé un nome accattivante, “Memoria!”, onomatopeico e vibrante. Se provi a ripeterlo ti si impasta la bocca con la sua eco. E’ per questo che quando stai per imbatterti nel futuro, devi stare più che attento alle pennellate che dai, perché se fai errori te lo ritroverai davanti per sempre con i tratti sbagliati.

Una nuova pelle

Quella mattina si accorse di non riconoscere più le solite immagini intorno a lei. Eppure le cose e le persone a cui era abituata erano sempre le stesse, quelle che aveva dato fino ad allora per scontate, come un arredo depositario del suo destino. Ma cos’era mai quella nuova impressione che gliele stava facendo vedere da un’altra prospettiva? All’inizio pensò che si trattasse di un fatto momentaneo, ma, col passar del tempo, questa nuova dimensione delineò in modo ancora più marcato i suoi tratti. I giorni passavano srotolandosi come gomitoli e lei si sentiva una specie di gatto che giocava dando zampate nell’aria. D’improvviso, però, si accorse che dentro quella leggerezza c’era ben altro… una strada che sembrava segnare nuovi orizzonti. Non si trattava di scelte concrete: era un modo di osservare, ascoltare, parlare, toccare ogni cosa con un respiro più lungo. Sentiva il bisogno di imparare a penetrare suoni, immagini, toni di voce, tutto ciò che arrivava fino a lei, smantellando quella patina di superficie che trasforma sempre il risultato finale in qualcos’altro, sviando dal punto di partenza. Giorno dopo giorno, il cuore le si allargava, cominciando a eliminare quella fastidiosa parte del cervello che voleva presenziare anche su cose in cui non c’entrava niente e si accorse che, per anni, lo aveva tenuto in soffitta. A quel punto non poté fare altro che scusarsi proprio con quel cuore, con se stessa e con l’intero Universo. Finalmente ripartì… non più col cuore in gola ma rimesso al posto giusto. 

Una rapper

Ogni respiro è per lei, ogni sguardo è per lei, ogni pensiero è per lei… non sto parlando di una persona, ma di “lei”, colei attraverso i cui indelebili segni io rappresento ogni cosa. Lei, la scrittura, è dentro e fuori di me, lei è le persone, gli oggetti, i luoghi, le scene che tocco grazie al suo abile fiuto di cercatrice di rarefatte sospensioni o realistiche affabulazioni: cammino e guardo il mondo solo per mezzo dei suoi occhi lucidi di intelligenza fuori dal comune.
Scrivo nelle situazioni peggiori, con gente intorno a me che si riempie la bocca di una quotidianità slavata e mi dico: “Non ascoltare, scrivi, tu hai lei, sei libera!”
Rimpiango il tempo, che del resto non ho mai potuto conoscere, ma solo sognare, in cui gli scrittori si isolavano e il loro unico “mestiere” poteva essere quello di scrivere.
Ma oggi viviamo a ritmo di rap e, dunque, ho dovuto diventare una “rapper”, per cui scrivo camminando, parlando, andando a far la spesa o qualsiasi altra cosa “necessaria”.
Non si può pensare, per la vita che conduco, che la scrittura venga relegata a riempire pochi spazi liberi, deve avere la totale precedenza, deve comunque essere “regale”, devo farla entrare ovunque, farla diventare “rapper” con me, scattante, viva, vibrante, onnipresente, farla essere nei passi, nei sorrisi, nelle albe, nei tramonti, nell’unica soluzione possibile della mia esistenza: l’Infinito!”

Una sera sul mare

Volteggiava, volteggiava… e poi ancora e ancora… e poi musica e ancora musica… con le braccia aperte al cielo limpido, intessuto di blu profondo e gli occhi nel mare che si lasciava coprire da quella coperta scura, ma lucente, senza presagire tempeste. Piccole onde salpavano verso quelle più grandi che le lasciavano salire a bordo per portarle altrove o lasciarle sulla riva ad aspettare il prossimo imbarco. E lei volteggiava, ora sfrecciando lo sguardo dentro l’acqua ora dentro il cielo. Alle sue spalle il ritmo che le spingeva il cuore verso orme di pura libertà, fragranza di quella forma nuova di vita appena cominciata: era tutta lì l’essenza del nuovo canto che ritmava il suo nuovo passo per la sua nuova danza, proprio come quando si divertiva a creare brevi coreografie con i suoi piccoli piedi che spuntavano felici da sotto la stoffa per dirigere il suo nuovo ritmo. “Ah, sì, è questo che voglio, nient’altro che sfiorare, solo sfiorare, l’esistenza, come questo vento leggero e gentile che stasera, insieme alla musica, all’acqua e al cielo, mi sta portando verso il prossimo imbarco!”   

Una stanza tutta per me

E cosa ci vogliamo mettere dentro?
Nessun pregiudizio o preconcetto, rancore o rimorso; nessuna eccitazione che svolazza senza riuscire ad essere emozione; nessuna vendetta, ma nemmeno vacillanti perdoni tanto per mostrare forzate bonomie.
Solo un grande Sole che irradia tutto il perimetro.
E le persone? Mmh…vediamo un po’: scelta difficilissima! Ci devo pensare bene, ma qualora ne facessi entrare qualcuna, dovrebbe prima passare la dogana con un passaporto senza scadenza dove, al posto dei dati anagrafici ci fosse la matrice indelebile di un sorriso che non invecchia. Solo allora sarei sicura di aver fatto entrare la persona giusta!

Una strenua difesa

Solo cedendo il passo puoi avanzare. Si tratta esclusivamente di Ego. DI quel corpo robusto e pesante che investe di sé le sinapsi cerebrali squassate dalle sue onde.
Ma questo benedetto Ego, sempre in tredici a farsi gli affari degli altri, a presenziare laddove non gli compete, è la struttura più subdola contro cui l’essere umano si trovi a dover combattere.
Ti scruta anche quando sembra lasciarti in pace e, anzi, più è lontano più è pericoloso, perché d’improvviso si avvicina e ti stringe nelle sua morsa, senza che tu te ne accorga, perché non lo riconosci come tuo nemico, ma come complice.
Ma se per caso riesci, dopo molti sforzi, a liberarti della sua massiccia presenza, di colpo, ti si apre uno squarcio di pura bellezza di cui prima di allora non avevi immaginato nemmeno l’infinitesima parte di quel ricamo esistenziale che ti stava aspettando da tempo immemore.

Vecchiaia

Non va abbandonata, ma coltivata. Non va affidata in mano ad estranei, ma a noi stessi. Perciò, che ognuno si curi della propria, cominciando da giovane, riempiendo la vita di sane emozioni. Perché alla morte bisogna arrivare sereni e in buona salute, con la pace nel cuore, altrimenti hai perso la battaglia. È un traguardo importante! Meditiamoci su!

Verso la notte

Tante azioni, poche andate in porto come piccoli miracoli nella quotidianità arruffata, altre interrotte senza che il miracolo si sia potuto esprimere.
Parole dette o taciute, forse per evitare che altri miracoli dovessero prendere forma per dipanare equivoci della tua lingua contro quella degli altri.
Tanti pensieri che friggono nel cervello come fuochi d’artificio. Matasse di voci appallottolate in una fastidiosa cassa di risonanza contro il tuo timpano.
E dopo tanta fatica nel cercare di ammortizzare tutto questo… è sera! Le ombre si allungano, il cuore si apre, il respiro si espande, le ore avanzano ed, infine, è notte fonda.
Ti sembra di sentire una voce diversa, un ronzio di pace… è il Silenzio, Non ti va di lasciarlo, ma domani si ricomincia. Apri la finestra e ti appendi alla stella più alta, perché è da lì che vorresti ricominciare, domani… da quell’unica voce che puoi veramente amare e da cui non devi aspettarti nessun miracolo, perché è già lì nelle sue forme, solo che in tutto quell’andare e venire durante il giorno non la potevi vedere, ma l’hai desiderata e quanto! Dio solo lo sa…

Viaggio

Vortici e vortici di pensieri come tante porte aperte sul Mistero, parabole lanciate nel Vuoto in cerca di risposte, pezzi di te stesso più intelligenti di altri che volano nell’immensità accelerata dal respiro profondo, sagome di energia che aspetta di diventare fuoco di Conoscenza.

Viaggio inutile

Quando la mente partorisce insani pensieri, il cuore non li accoglie, per cui non venendo purificati dal suo flusso sanguigno, vengono rispediti al mittente, cioè la mente stessa, dove il traffico si ingolfa e l’aria si imputridisce.
È una sorta di frontiera il cui passaggio viene timbrato solo dalla limpidezza del cuore per la quale il pensiero non ha i requisiti. In sostanza, ha fatto un viaggio a vuoto.

Viaggio ultramondano

È bene, dopo tante intense e variegate esperienze, capire nei dettagli che tipo di spinta abbia avuto dalla potenza della scrittura. La spinta si innesta in un’esigenza che è perfettamente in linea con il resto dell’Umanità, di quella Umanità che avverte, da sempre, sulla propria pelle, il limite di vivere nell’unica dimensione a lei nota, quella del Pianeta Terra, se pur splendida, ma circoscritta e irrimediabilmente stretta.

Più di quanto sembri, come ogni forma d’arte, la Scrittura, assorbe e sublima, o almeno così è per me, ogni “mancanza” e mi trasporta “altrove”. Avverte quanto l’”Oltre” sia molto più a portata di mano, che lo si possa toccare nello spostamento del proprio “asse terrestre” e tirarlo vicino, seduto sul cuore per ritmarne i battiti in modo diverso dalla solita meccanicità inconsapevole, liberandoli dalle catene del quotidiano banale e logoro.

Con la Scrittura si può raggiungere un punto nello Spazio in cui ogni Tempo si congiunge. Praticamente: l’ “Eternità!”

Vibrazioni

Tutto ha un suono e una voce nell’Universo.
Tutto ha un suono e una voce nel nostro corpo.
Tutto ha un suono e una voce nell’anima.
Tutto può essere visto e ascoltato attraverso i sensi.
Ma se non ci riusciamo allenandoli, allora il nostro universo resta muto!

Vitalità

Quella notte si addormentò pensando: “Ma perché bisogna morire per entrare nell’Oltre? Non ci si può andare da vivi? Sì, proprio da vivi, qui e ora, con le potenzialità che abbiamo pur costretti nella materia?”
E così pensando si addormentò. Dopo poco si aprirono le strade di un sogno dove tutto era giallo oro di scintille frizzanti, ma piene di pace in flussi di pensieri incontaminati, forme di tutte le grandezze e sagome possibili, una danza riposante che si scioglieva per poi ricomporsi in eterno movimento, particelle che si aggregavano e si staccavano, un quadro ballerino dentro il più grande museo del Mistero. Il giorno dopo si svegliò felice di averlo potuto visitare, mentre il suo corpo cominciava lentamente ad appesantirsi di nuovo, soggetto alla legge di gravità, ma con la piena consapevolezza che, dopo quella notte, niente sarebbe stato più come prima, perché sarebbe stata sempre avvolta da quell’efficiente movimento dorato in una vita fantomatica e illusoria.